Yuzu, Kimi e Takeko stavano camminando verso la scuola media, dove il più giovane componente della famiglia Kobayashi avrebbe iniziato il nuovo anno scolastico. A differenza di alcune sue coetanee, la piccola Takeko era contenta di andare a scuola e amava imparare: alle elementari era molto appassionata di storia e geografia, ma se la cavava bene anche in matematica e disegno. Ed oggi era particolarmente felice perché sia la madre che la sorella maggiore la stavano accompagnando tenendole entrambe le mani; malgrado si sentisse già un pò grande per essere portata così, era piacevole che due delle persone più importanti della sua vita le dedicassero tante attenzioni.
Mentre camminavano, la bambina di 12 anni chiese alla sorella: "Sorellona, mi verrai a prendere tu dopo la fine delle lezioni?". Sospirando dolcemente, Kimi rispose: "Scusa sorellina, ma oggi devo lavorare dalle 10:00 fino alle 16:00. Mi spiace". La ragazza dai capelli rossi, infatti, lavorava part-time in un internet cafè del centro, mentre studiava per ottenere l´ammissione all´Università di Nagasaki. Al broncio della bambina, la rossa sorrise: "Non fare così, ti prometto che dopo la scuola giocheremo un pò assieme, va bene?". Ciò bastò a rianimare Takeko, che annuì con un sorriso smagliante e strinse ancora più forte la sua mano. Yuzu sorrise calorosamente alla vista delle sue figlie che andavano così d´amore e d´accordo.
Le tre donne giunsero infine in vista dell´edificio scolastico e vi entrarono, giusto in tempo per permettere a Takeko di partecipare alla cerimonia di apertura dell´anno scolastico: i nuovi scolari vennero accolti dagli studenti delle scuole superiori che intonarono l´inno nazionale giapponese Kimi ga yo, per poi sedersi in ordine alfabetico e ascoltare il discorso di benvenuto del preside. Una volta terminata l´introduzione, i nuovi alunni vennero indirizzati alle proprie classi; prima di avviarsi, Takeko si avvicinò alla madre e alla sorella e le abbracciò dolcemente, prima di recarsi verso il suo gruppo e incamminarsi per la sua nuova aula.
Usciti dalla scuola, Yuzu e Kimi iniziarono ad incamminarsi lentamente, parlando nel frattempo. "Kimi, sono preoccupata per te. Le tue fitte alla testa e i tuoi incubi sono qualcosa da non sottovalutare". La diretta interessata lanciò una debole protesta: "Madre, non preoccuparti più di tanto. Sono solo dolori passeggeri. Posso sempre tenerli sotto controllo con le sedute dal dottor Fukuda". Da quando infatti Kimi aveva avuto quel tipo di attacchi, era andata in terapia sotto le cure del dottor Fukuda, uno dei migliori psicanalisti di Hirado, sebbene non si fosse ancora riuscita a capirne la causa. La signora Kobayashi però non smise le sue preoccupazioni: "Lo so, ma cionondimeno sono preoccupata per te. Anche se sei quasi maggiorenne, sei ancora mia figlia e ti voglio bene. Quindi domani ti fisserò un appuntamento anticipato con il dottor Fukuda, meglio non correre rischi". Il suo tono non ammetteva discussioni e Kimi sapeva che aveva già perso in partenza; sospirando, disse: "Cosa ho fatto per meritarmi una madre amorevole come te?". Yuzu l´abbracciò forte e rispose: "Nulla Kimi; semplicemente era destino che tu fossi mia figlia, e io divenissi tua madre. Non c´è altro da aggiungere". A quelle parole, una lacrima solitaria scese dalla guancia della ragazza, che però la scacciò via e disse semplicemente, con tono debole: "Grazie". Poi, come ridestatasi da un lieve torpore, Kimi ribatté: "Beh, è meglio che vada a lavoro, è quasi ora". Tuttavia la madre la fermò: "Prima di andare, vuoi venire con me alla spiaggia di Tabira? Vorrei rendere omaggio al monumento del beato". I Kobayashi, infatti, erano una delle pochissime famiglie cristiane rimaste in Giappone dopo la cacciata dei missionari europei e la persecuzione dei giapponesi convertiti da parte dello shogunato Tokugawa. Avevano preservato la propria fede nascondendola alle autorità e praticando clandestinamente il culto, fino alla libertà religiosa introdotta dall´imperatore Meiji nel 1869. "Si, mi piacerebbe", rispose Kimi, recandosi con la madre alla spiaggia di Tabira.
Le due donne quindi giunsero al monumento dedicato al beato Camillo Costanzo, un gesuita italiano che, pur conscio della persecuzione in atto contro i cristiani, decise di sfidare la sorte per non lasciare soli i fedeli giapponesi, venendo però scoperto a causa di una delazione, quindi processato e condannato al rogo sullo stesso luogo dove fu eretto il monumento. Era stato beatificato nel 1867, in omaggio alla sua fede in Cristo. Il monumento era appena stato terminato: raffigurava il rogo stilizzato del beato, nell´atto di invocare Gesù mentre moriva. Le fiamme e il corpo erano state realizzate in bronzo, poste su di un alto basamento di pietra; appena inaugurato, era già meta di centinaia di turisti e fedeli. Kimi e sua madre vi si fermarono davanti, dicendo entrambe una preghiera e invocando la protezione del beato Costanzo sulla loro famiglia. Quindi, finite le proprie orazioni, le due donne si salutarono e presero strade differenti: Yuzu tornò a casa, per svolgere le varie faccende domestiche e preparare la cena per la famiglia, Kimi invece si recò all´internet cafè dove lavorava come cameriera. Non lo aveva detto alla madre, ma qualcosa la tormentava, anche se non sapeva precisamente cosa; la sua vita era bella e tranquilla, aveva una famiglia amorevole e progetti per il futuro, eppure sentiva che qualcosa sarebbe cambiato molto presto. E non per il meglio.