FanFiction Atri - Cartoon Disney | Tocco di MarySaeba92 | FanFiction Zone

 

  Tocco

         

 

  

  

  

  

Tocco   (Letta 32 volte)

di MarySaeba92 

1 capitolo (conclusa) - 0 commenti - 0 seguaci - Vietata ai minori di 16 anni

    

 

Sezione:

FilmAtri - Cartoon Disney

Genere:

Introspettivo - Romantico

Annotazioni:

Traduzione

Protagonisti:

Bruno Madrigal - Camilo Madrigal

Coppie:

Bruno Madrigal/Camilo Madrigal (Tipo di coppia «Yaoi»)

 

 

              

  


  

 // 

Camilo si domandò come sarebbe stato trascorrere dieci anni senza essere toccato da nessuno. [...] Il suo cuore si serrò al pensiero. Bruno aveva passato dieci anni senza alcun tocco. E ora eccolo lì, a sciogliersi al contatto più semplice.


  

Titolo originale:
Touch



Link storia originale: https://archiveofourown.org/works/36143014



Link autore: https://archiveofourown.org/users/boyswillbeboxes/pseuds/boyswillbeboxes



 



Sì, sono ancora ossessionata dai Brumilo. No, non me ne vergogno. 

AVVISI: Incest + age gap + rating arancione tendente al rosso. 



 



Bruno era un uomo che aveva
molta energia nervosa.



 



Era sempre in movimento:
tamburellava con le dita o si dondolava sulla sedia, faceva rimbalzare la gamba
su e giù, borbottava tra sé sotto voce. Era impossibile non notarlo, anche se
la maggior parte della famiglia faceva del suo meglio per ignorarlo. Camilo lo
trovava affascinante. L’ansia di sua madre era stata una parte rilevante nella
sua vita mentre cresceva ed era diventato quasi istintivamente in sintonia con
le sue abitudini, anche quando lei riusciva a tenere a bada le nuvole di
pioggia.



 



Ora, i suoi occhi erano
attratti da Bruno ogni volta che era presente, ogni contrazione e mormorio catturavano
la sua attenzione. Ogni abitudine nervosa o superstiziosa diventava quasi
tenera mentre la metteva in atto, forse dimenticando che adesso c’era gente
intorno a lui.



 



Camilo si chiedeva cosa
accadesse nella sua testa, quali pensieri inquieti si inseguissero nel suo
cranio facendolo contorcere come un burattino strattonato da fili. Era solo da
un mese che era rientrato in famiglia, eppure trovava ancora difficile trovare
il tempo per parlare realmente con suo zio. Qualunque loro conversazione finora
era stata, nella migliore delle ipotesi, fugace, a parte qualche commento a
cena. Era ancora un mistero tanto quanto lo era stato durante la sua scomparsa
durata dieci anni, poco più rispetto all’orco dei suoi ricordi di infanzia.



 



Ma non era così, affatto. Bruno
sorrideva molto, faceva sciocche battute e tirava i fili dei propri vestiti.
Era vivace con Mirabel e le sue sorelle, e goffamente affascinante con gli
altri nipoti. Camilo si domandava come sarebbe stato conoscerlo veramente,
scoprire cosa lo colpiva.



 



Una notte, tardi, molto tempo
dopo che il resto della famiglia era andato a dormire, Camilo sgattaiolò in
cucina, alla ricerca di qualche spuntino di mezzanotte. Si fermò di botto
quando si accorse di non essere solo. Bruno stava inghiottendo un boccone e
alzò lo sguardo con aria colpevole da dove era accovacciato, un piatto in
bilico sulle ginocchia e un piccolo raduno di topi intorno alle caviglie che
raccoglievano qualsiasi briciola cadesse.



 



“Ah, c’era solo quello?” disse
Camilo con un leggero broncio. C’era qualcosa di molto divertente nel trovare
lo zio di mezz’età che pareva un bambino sorpreso con le mani nel barattolo dei
biscotti, ma non riusciva ad apprezzarlo adeguatamente mentre il suo stomaco
brontolava tristemente.



 



Senza dire una parola, Bruno
afferrò l’arepa ancora nel piatto e la porse a Camilo. Continuò a mordicchiare
la sua, in maniera quasi timida ora che c’era qualcun altro. Camilo accettò con
gratitudine, appoggiandosi al bancone mentre mangiava, studiando Bruno con
piccole occhiate di sbieco.



 



“Allora...” disse Camilo,
trascinando la parola, “qualche buona visione ultimamente?”



 



Bruno inclinò la testa, con
un’espressione divertita mentre mangiava quello che rimaneva. “Beh, non ne ho
avute di recente, quindi...no” sorrise nervosamente. Camilo pensava che la
maggior parte delle cose che faceva erano nervose. “È da molto tempo che
nessuno mi chiede una profezia”



 



“Perché sono sempre
deprimenti?” Camilo diede un morso con disinvoltura, sorridendo per come Bruno
arricciò il naso. “È quello che dicono tutti”



 



“Beh, insomma, non sono tutte
deprimenti” mormorò Bruno petulante, “ma penso di sì. Forse. Probabile” alzò le
spalle, tirando l’orlo della ruana. “Probabilmente è meglio così. Sono comunque
fuori allenamento”



 



Camilo annuì. “Ti ho visto, una
volta” disse casualmente, “quando ero piccolo. Forse avevo 3 anni?” era stato
uno dei suoi ricordi base, una visione dello zio con gli occhi verdi luminosi
che aveva tormentato i suoi incubi. Sua madre gli aveva detto che nei mesi
successivi aveva pianto ogni volta che vedeva Bruno. Nel corso degli anni aveva
superato la paura, ma il ricordo non l’aveva mai davvero abbandonato. Fino a
poco tempo prima aveva pensato che l’aspetto di Bruno fosse esattamente quello.



 



Apparentemente anche Bruno lo
ricordava, perché fece una smorfia e la sua espressione era mortificata.
“Sì...mi dispiace. Non avresti dovuto...non so nemmeno come hai fatto a salire
tutte le scale”



 



Camilo respinse le scuse con un
gesto della mano e si cacciò in bocca quello che rimaneva dell’arepa. “È okay.
Mi dispiace di aver pensato che fossi un mostro”



 



Perché Bruno doveva saperlo,
no? Quello che Camilo aveva detto di lui? Non era possibile che non lo sapesse,
se davvero aveva vissuto dietro le mura per tutto il tempo. Tese la mano per
aiutare Bruno ad alzarsi da terra e, dopo un attimo di esitazione, suo zio
l’afferrò.



 



Era così leggero che Camilo
perse l’equilibrio quando lo tirò in piedi e Bruno inciampò contro il suo
petto. Oh. Sembrava che lui fosse più alto. Camilo sorrise per il vantaggio di circa
cinque centimetri, bilanciandosi con il bancone. “Cavolo. Forse avrei dovuto
lasciarti quell’arepa. Sembra che tu ne abbia più bisogno di me”



 



La luce era scarsa in cucina,
ma Camilo avrebbe giurato che le guance di Bruno fossero più scure.



 



E non aveva ancora lasciato la
mano di Camilo.



 



L’aspetto di Bruno era ancora
molto trasandato, indossava i vecchi vestiti, i capelli erano selvaggi e spettinati.
Se si fosse preso cura di sé, avrebbe anche potuto essere definito bello.
Camilo ci pensò per un attimo, rimuginando, poi strinse più forte la mano di
Bruno e lo trascinò fuori dalla cucina. “Vieni. Voglio mostrarti una cosa”



 



Bruno si affrettò per tenere il
passo, i suoi occhi saettavano nello spazio aperto, come avesse paura di essere
visto. Tuttavia, non furono interrotti mentre salivano le scale e Camilo
condusse Bruno verso la sua stanza.



 



“N-non so, si sta facendo
tardi” balbettò Bruno. Si morse il labbro inferiore. “Magari...magari domani?
Sì, domani...”



 



“Non ci vorrà molto” assicurò
Camilo. Aprì la porta e tirò dentro suo zio. Bruno emise un gridolino.
Nonostante le proteste, non gli aveva ancora lasciato la mano, anzi la strinse
più forte mentre si avvicinava a Camilo.



 



Quando Camilo aveva aperto la
sua porta per la prima volta, era rimasto deluso dalla sua stanza. Un breve
corridoio conduceva a uno spazio perfettamente circolare, ogni centimetro della
parete era rivestito di specchi che sparivano verso il soffitto. Per i primi
mesi non era riuscito a dormire lì e spesso era tornato di nascosto nella
vecchia cameretta per dormire con Mirabel. Ora però ci era abituato.



 



“Siediti qui” disse Camilo, indicando
il pavimento accanto a letto. La sua stanza non aveva molto spazio per riporre
gli oggetti, ma teneva alcune cose sotto il letto in una piccola cassapanca. Si
guardò intorno per un momento, poi sollevò trionfante una spazzola per capelli.
Era adatta per i suoi capelli, non per quelli di Bruno, ma...doveva arrangiarsi
con quello che aveva.



 



Bruno guardò con cautela la
spazzola mentre Camilo si sedeva sul letto, convincendo l’uomo a posizionarsi
tra le sue ginocchia. Dalle sue labbra uscirono proteste poco convinte, ma
curiosamente non fece alcun tentativo di andarsene, lasciando che Camilo lo
spostasse delicatamente dove voleva.



 



“Rilassati” disse il ragazzo a
bassa voce, posando una mano sulla testa di Bruno per tenerla rivolta in
avanti. “Respira. Rimani fermo” iniziò a passare lentamente la spazzola tra i
capelli, sciogliendo con cura i nodi e i grovigli che vi si erano formati.
Bruno era immobile in modo quasi innaturale, rigido e senza emettere suono, a
parte un sospiro affannoso quando camilo beccava un nodo particolarmente
ostico.



 



Era sorprendentemente
rilassante, passare ripetutamente le setole della spazzola tra i capelli di
Bruno, districando gentilmente i nodi e i garbugli che incontrava con dita
abili. Sua madre lo faceva per lui quando era bambino, con attenzione e amore,
a volte per ore. Senza nemmeno rendersene conto, cominciò a canticchiare una
melodia che lei cantava per lui, così profondamente nostalgica da fargli male.



 



Parte della tensione era
scomparsa dalle spalle di Bruno, lasciandolo flessibile davanti a Camilo che
gli inclinava la testa da una parte e dall’altra. Aveva smesso di protestare o
agitarsi, si era rilassato gradualmente e permesso a Camilo di occuparsi di
lui.



 



“Ecco fatto” mormorò Camilo,
pettinando con le dita le onde lisce. Ora erano molto più morbide, meno
aggrovigliate. Sorrise tra sé a pensiero che probabilmente c’era stato
letteralmente un nido di topi lì per chissà quanto tempo. Vedeva spesso i
piccoli roditori strisciare addosso a suo zio, dentro e fuori dai vestiti. Non
si sarebbe sorpreso se avesse scoperto che dormivano sulla sua testa.



 



Il respiro di Bruno era
regolare mentre Camilo continuava ad accarezzargli i capelli, il suo capo era
appoggiato al ginocchio del ragazzo. Camilo pensò che dovesse essersi
addormentato, e stava proprio pensando a come divincolarsi senza svegliarlo,
quando un singhiozzo spezzato ruppe il silenzio.



 



“Zio Bruno?!” Camilo non poté
evitare di allarmarsi. Le spalle di Bruno tremavano leggermente. Guardando lo
specchio più vicino, Camilo vide le lacrime scorrergli lungo le guance. Si
staccò con cautela dall’uomo e si inginocchiò davanti a lui, le mani sulle
spalle per sorreggerlo.



 



Gli occhi di Bruno sembravano
non vederlo.



 



Stava piangendo ma reagiva a
malapena, le lievi scosse di Camilo non producevano risultati. Era come perso
nel suo mondo. Camilo aveva già visto gli attacchi d’ansia di sua madre,
l’aveva aiutata a superarli innumerevoli volte, ma non aveva mai visto niente
del genere. Era terrificante.



 



“Io...vado a chiamare qualcuno”
disse. Sua madre, Mirabel, zia Julieta, qualcuno avrebbe saputo cosa fare,
giusto? Ma quando cercò di alzarsi, le mani di Bruno improvvisamente
afferrarono saldamente la sua ruana, fermandolo. Scosse la testa, quel tanto
che bastava per comunicargli quello che pensava. Non voleva che nessun altro lo
vedesse.



 



Camilo sospirò. “Va bene” disse
piano, “non vuoi che chiami nessuno. Quindi cosa dovrei fare?”



 



Bruno non rispose, rimanendo
esasperatamente distante. Cos’avrebbe fatto sua madre? Riusciva solo a pensare
a quello che faceva quando lui era piccolo, dopo aver avuto un incubo, quando
cercava di calmare il suo pianto. Le dita tremanti di Bruno sulla sua ruana
sembravano molto infantili, una vulnerabilità disperata, quindi forse poteva
aiutarlo così?



 



Posò le mani sul viso
dell’uomo, girandolo verso di sé. “Provo una cosa, okay?” la sua voce era
calma, persa nell’immobilità del momento. I suoi pollici sfiorarono le guance
di Bruno, asciugando le lacrime. Si avvicinò e gli lasciò un bacio sulla
fronte. Quando si allontanò, gli occhi di Bruno erano un po’ più presenti e lo
guardavano confusi.



 



“Ehi, ecco” disse Camilo con un
piccolo sorriso, chinandosi per baciarlo di nuovo: sulle guance, sul naso, sul
mento. Bruno sembrava diventare più lucido ad ogni bacio, guardando
direttamente Camilo. Alzò le mani verso quelle di Camilo, premendosi nel suo
tocco con un sospiro.



 



Camilo sorrise alla risposta e
alla sensazione dei palmi ruvidi di suo zio sulle mani. Si domandò come sarebbe
stato trascorrere dieci anni senza essere toccato da nessuno. Nessun abbraccio
amorevole da parte di sua madre, nessuna Mirabel a tenergli la mano quando era
triste, nessun Antonio a salirgli in grembo, addormentandosi lì. Il suo cuore
si serrò al pensiero. Bruno aveva passato dieci anni senza alcun tocco, avendo
solo i topi a fargli compagnia. E ora eccolo lì, a sciogliersi al contatto più
semplice, come se ne avesse bisogno per respirare.



 



Camilo passò delicatamente il
pollice lungo la guancia di Bruno, cogliendo il leggero lamento che uscì dalla
bocca dell’uomo. Si avvicinò, attratto da come gli occhi di Bruno cercavano i
suoi, con una domanda persistente che pretendeva una risposta.



 



Prima ancora di rendersi conto
di quello che stava facendo, le sue labbra sfiorarono quelle di Bruno.



 



Camilo avvertì il respiro
affannoso durante il bacio. Quello non era un gesto che poteva essere spacciato
per familiare, un’espressione platonica di affetto. Ma sembrava giusto, in quel
momento. Bruno non lo stava ricambiando, non proprio, ma non lo stava nemmeno
respingendo. Quando finalmente si separò, gli occhi di Bruno erano spalancati e
lo fissavano increduli mentre Camilo cercava di sorridere.



 



C’era una tensione che non
c’era stata poco prima, una linea di possibilità. Se uno di loro fosse riuscito
ad allentarla, a prendere una decisione, forse il nodo allo stomaco di Camilo
si sarebbe sciolto. Ma sentiva ancora il respiro di Bruno sul suo viso, vicini
com’erano, il modo in cui le sue dita si avvolgevano intorno alle proprie mani,
come se Bruno avesse paura di lasciarlo andare. Appoggiò la fronte contro
quella di suo zio, fissando gli occhi verdi, così distanti e tristi da
spezzargli il cuore.



 



“Non dovremmo” disse Bruno, con
voce bassa e sommessa. Ma non era neanche un no, Bruno non stava dicendo di non
volerlo, né che Camilo avrebbe dovuto fermarsi. Incoraggiato, Camilo si
avvicinò ulteriormente, spostando una gamba sul grembo di Bruno finché non furono
posizionati più comodamente. Le mani scivolarono sulle spalle dell’uomo.



 



“Vuoi cacciarmi, zio?” disse
Camilo, con tono un po’ scherzoso. Doveva sdrammatizzare, altrimenti come
poteva affrontare l’enormità della cosa? La serietà di quello che stava facendo
persisteva in ogni angolo della sua mente, ma a meno che Bruno non gli
chiedesse di smettere, aveva già fatto la sua scelta. Non importavano, si
disse, tutte le cose che la gente avrebbe pensato o detto. Lì, nel loro piccolo
mondo, non aveva importanza. Non per loro.



 



Il respiro di Bruno era
tremante mentre scuoteva la testa. Deglutì e Camilo lo seguì con gli occhi,
trovando inebriante il lento movimento nella sua gola.



 



“Perché dovresti volere-?” si
interruppe, guardando la stanza, ovunque tranne che Camilo, “io non...non sono
nemmeno...” qualunque fosse il commento autocritico che stava cercando, Camilo
non voleva ascoltarlo. Si sporse per un altro bacio, e questa volta Bruno
rispose, esitante, come un adolescente senza esperienza che seguiva l’esempio
di Camilo. Le sue mani si agitarono, nervose e insicure, finché Camilo le
afferrò delicatamente e le posizionò sui propri fianchi.



 



“Rilassati” disse Camilo contro
le sue labbra. “Va tutto bene”



 



Bruno rise con voce più alta e
nervosa. “Come fai a essere così calmo in questo momento?” le sue mani
tremavano mentre afferrava Camilo, i pollici sfregavano delicatamente contro le
ossa del bacino. “Lo sai che non è...sai che sono tuo zio, vero?”



 



Camilo alzò gli occhi al cielo.
“Oh no, davvero? Non ne avevo idea”



 



Sfiorò il labbro inferiore di
Bruno con il pollice. Si sentiva così attratto da lui, avrebbe voluto baciarlo
fino a lasciare entrambi senza fiato. Tra le altre cose che voleva fargli. “Non
lo dirò a nessuno. Tu?”



 



Bruno si morse il labbro,
lanciando sguardi nervosi al viso di Camilo.



 



“Dovrei...interrompere tutto,
no? È ciò che farebbe un adulto responsabile”



 



Non lasciò i fianchi di Camilo,
tuttavia, e il suo sguardo indugiò sulla sua bocca. Vicini com’erano, Camilo
sentiva già che si stava eccitando. No, non pensava che Bruno lo avrebbe detto
né che avrebbe interrotto tutto. Un lento sorriso si aprì sul suo volto.



 



“Mettiti sul letto” ordinò,
pizzicando la ruana di Bruno, “e togliti i vestiti”



 



Probabilmente non avrebbe
dovuto sorprendersi del modo timido con cui Bruno si spogliò, slacciando e
sbottonando con riluttanza tutto ciò che si accumulò sul pavimento, usando le
mani per cercare di coprirsi. Il suo petto era così magro che Camilo poteva
vedere le costole che spuntavano. Aveva messo su un po’ di peso da quando era
tornato, ma era chiaro che il tempo trascorso tra le mura gli avevano lasciato
dei segni. Camilo sentì il proprio cuore spezzarsi nel vedere Bruno così
nervoso e insicuro, picchiettando le dita sulla coscia mentre gli lanciava
occhiate. Camilo si spogliò velocemente, lasciando cadere con entusiasmo i
vestiti e strisciando verso Bruno.



 



“Sai, avevo ragione” disse
Camilo disinvolto, spingendo Bruno sul letto con una mano aperta sul petto.
Sentiva il suo cuore battere forte sotto il palmo. Con l’altra mano attorcigliò
i riccioli sciolti intorno a un dito, amando la morbidezza con cui ricadevano
contro il cuscino.



 



“Riguardo a cosa?” chiese
Bruno, sbattendo le palpebre.



 



Camilo sorrise, scostandolo un
ricciolo dalla fronte di Bruno. “Sei bellissimo con i capelli pettinati”



 



Immediatamente, il volto di
Bruno si tinse, il rossore si diffuse lungo il collo e le orecchie mentre si
copriva gli occhi. Non riuscì a nascondere un sorrisetto timido, né un sospiro
compiaciuto mentre Camilo rideva piano. Non si era aspettato una reazione così
adorabile e il suo cuore gli batté forte mentre cominciava a lasciare una scia
di baci lungo il petto dell’uomo. Lì c’erano le prove di una vita dura, cicatrici
e pelle troppo tesa sulle ossa, ma c’erano anche risate, lo stomaco di Bruno
sussultò sotto il suo tocco mentre trascinava le dita leggere sempre più in
basso. C’era bellezza in ogni parte di lui e su cui Camilo poteva mettere le
mani.



 



Quando raggiunse l’erezione parzialmente
dura, Camilo esitò. Un fremito nervoso si manifestò nel suo petto. Non aveva
mai fatto...niente di tutto ciò. La sicurezza e la spavalderia precedenti
vacillarono sulla scia della sua inesperienza. E se avesse rovinato tutto? E se
si fosse rivelato deludente? Desiderò, all’improvviso, non solo di poter
cambiare il suo aspetto, ma di trasformarsi totalmente in un’altra persona.
Qualcun altro che potesse rendere l’esperienza piacevole per Bruno.



 



“Camilo?” sobbalzò, alzando lo
sguardo e trovando Bruno. “Sai che non devi...fare nulla che non vuoi. Vero?”



 



Camilo emise un suono di
frustrazione. “Voglio farlo. Solo che...” si reclinò, mordicchiandosi il labbro
inferiore. “Io non so...non so cosa fare” la confessione fu sommessa, piena di
vergogna. Non riusciva a guardare l’uomo negli occhi. Non aveva affatto
riflettuto. Lo desiderava con tutto se stesso, ma era così spaventato di
rovinare tutto prima ancora di iniziare.



 



Una mano gentile gli sollevò il
mento e osservò i teneri occhi verdi. Nessun giudizio né delusione. Solo
comprensione e pazienza. Il cuore gli martellò nel petto, il desiderio in lui
era come un uncino che lo strattonava dietro le costole. Anche con le rughe sul
viso e le borse sotto gli occhi, Bruno era bellissimo.



 



“È okay” Bruno posò dolcemente
la fronte contro quella di Camilo, sorridendo. “Sai, non deve essere perfetto.
Va...va bene se hai paura” le sue mani percorsero esitanti le clavicole di
Camilo. Il desiderio nei suoi occhi era evidente ed elettrizzava il ragazzo
così come lo faceva sentire troppo esposto.



 



“Tu hai paura?” chiese Camilo,
avvicinandosi e sfiorando il suo naso con il proprio.



 



Bruno ridacchiò brevemente.
“Io? Paura. Io...sì, sono terrorizzato” il suo sorriso aumentò, “ma, sai...non
come pensavo” si sporse per baciarlo e spinse Camilo di nuovo sul letto. Camilo
sentì girare la testa mentre il corpo caldo di Bruno premeva contro il suo,
incastrandosi su du lui come un pezzo di un rompicapo che non sapeva gli
mancasse. Si aggrappò a Bruno come a un’ancora di salvezza, lasciandosi
travolgere dalle sensazioni, cercando di calmare il suo cuore impazzito.



 



Era bello baciarsi, quasi
rilassante nel suo ritmo, era inebriante inseguire la lingua di Bruno con la
propria in un pigro avanti e indietro. Ma avvertiva Bruno duro contro il fianco
e la sua stessa eccitazione richiedeva attenzione, e presto l’urgenza superò la
timidezza. Si spostò appena, quel tanto che bastava per unire le loro gambe,
gemendo di sollievo per il benedetto attrito.



 



“Aah, Camilo” mormorò Bruno. Si
strofinò contro il ragazzo con un lamento tremulo. “Fin dove...?” trattenne un
gemito, deglutendo a fatica, “fino a che punto vuoi...vuoi arrivare?”



 



“Eh?” Camilo aveva chiuso
brevemente gli occhi, ma li riaprì, considerando la domanda. Era bello
strusciarsi l’uno contro l’altro. Probabilmente poteva esserne soddisfatto. Ma
nonostanza la mancanza di esperienza, sapeva che avrebbe potuto essere ancora
meglio per entrambi. Sentì le guance arrossire mentre diceva: “Io...ti voglio
dentro di me. Per favore?”



 



Bruno gemette, lasciando cadere
la testa sulla spalla di Camilo e stringendo forte il lenzuolo in una mano. “S-sì,
sì, va...sì”



 



Si costrinse a sollevarsi e ad
allontanarsi da Camilo, respirando profondamente.



 



“Tu hai qualcosa per...uh” si
guardò intorno, “ci serve, ehm...una specie di lubrificante? O q-qualcosa unto”
il rossore sul suo viso era pronunciato, estendendosi fino al collo. Camilo non
poté fare a meno di ridacchiare: era adorabile e imbarazzato. Era intrigante.



 



“Non ho niente di simile”
ammise, “ma...aspetta, lasciami provare una cosa”



 



Camilo chiuse brevemente gli
occhi, concentrandosi. Solitamente non lo faceva, preferiva cambiare tutto il
suo aspetto che un solo particolare, ma...a mali estremi, estremi rimedi. Sentì
il cambiamento con un piccolo sussulto, la sua erezione dura si trasformò e divenne
una vagina, l’improvvisa umidità dell’eccitazione gli diede le vertigini per un
momento.



 



“Oh, wow...” Bruno fissò con
ammirazione. Le sue mani erano appoggiate sulle cosce di Camilo mentre guardava
tra le sue cosce. “Camilo, è...s-sei sicuro?”



 



Camilo roteò gli occhi,
agganciando una gamba intorno alla vita di Bruno. L’uomo cadde in avanti con un
grido, non crollando per un pelo.



 



“Sì” disse Camilo con fermezza,
“sono sicuro. Lo voglio. E così” indicò tra le gambe, “è il modo più facile per
farlo al momento”



 



Bruno annuì in silenzio,
deglutendo mentre si riposizionava. Le sue mani svolazzarono nervosamente, come
se non fosse sicuro di voler toccare. Camilo gliele afferrò, strofinando i
pollici sulle nocche pronunciate. Era ancora nervoso, il cuore gli batteva
forte in gola, ma si fidava di Bruno. Come avrebbe potuto non farlo, quando
l’uomo lo guardava come se fosse qualcosa da custodire?



 



Bruno ricambiò il sorriso, un
gesto timido quasi nascosto dai capelli mentre abbassava la testa. Una piccola
ruga di concentrazione apparve tra le sue sopracciglia. Parte della tensione
nel petto di Camilo si allentò e si ritrovò a ridacchiare per la sua
espressione. Tutto in Bruno fino a quel momento era stato così adorabile che si
sentiva quasi ebbro di lui.



 



Si chiese brevemente se sarebbe
riuscito a tenerlo per sé.



 



Poi Camilo percepì la punta di Bruno premere in lui e tutti gli altri
pensieri fuggirono dalla sua mente. Non faceva male come aveva pensato,
ma...era molto, molto strano avere uno spazio nel suo corpo che non c’era mai
stato prima e ricevere qualcosa al suo interno. Bruno si mosse lentamente,
lasciandolo adattare, le mani tremanti mentre gli afferravano i fianchi.



 



“Stai...stai bene?” ansimò Bruno. Le sue pupille erano così dilatate che
quasi inghiottivano il verde dei suoi occhi. Tremava, i fianchi dondolavano
leggermente mentre cercava di stare fermo, aspettando Camilo. Il ragazzo capì
che era una battaglia persa, ma il suo petto si riempì di calore al pensiero
mentre attirava Bruno in un altro bacio.



 



“Continua” mormorò, baciandogli il collo, “va bene”



 



Avvertì il gemito di sollievo sulle sue labbra mentre Bruno cominciava a
muoversi, dapprima lentamente, trovando un ritmo. Camilo si aggrappò a lui,
chiudendo gli occhi mentre l’uomo colpiva un punto delizioso, strappandogli un
gemito dalle labbra tremanti. Bruno fece una pausa, poi ripeté l’azione,
spostandosi un po’ per osservare il suo viso.



 



Camilo frignò, una parte di lui era imbarazzata per essere così esposto,
ma quella maggiore voleva solo che Bruno proseguisse e non si fermasse mai. Ogni
spinta aumentava la pressione dentro di lui, diventando sempre più grande fino
al punto di scoppiare. Sentì una mano sulla guancia e l’afferrò, baciandone il
palmo.



 



“Sei così bello” mormorò Bruno. Gli occhi di Camilo si spalancarono. Il
modo con cui Bruno lo guardava gli squarciò il petto, lasciandolo ancora più vulnerabile
di quanto non fosse mai stato in vita sua. Quell’espressione morbida e
intimorita, un’incontrollata adorazione, era troppo da gestire in quel momento.
Seppellì il viso nel collo di Bruno e vi si avvinghiò, concentrandosi solo su
quanto fosse piacevole e non sui sentimenti vorticosi e complicati che stavano
montando in lui.



 



Sentì Bruno che gli sussurrava alle orecchie tenerezze e lodi,
ripetendogli quanto gli stesse piacendo. Non si aspettava che l’uomo fosse così
loquace a letto, ma immaginò che l’energia nervosa di Bruno lo inseguisse anche
lì. Quelle parole non fecero altro che alimentare le fiamme che già si stavano
accumulando dentro di lui, riempiendolo fino a esplodere. Emise un singhiozzo,
affondando le unghie nelle spalle del suo amante, tremando per lo sforzo di
contenerlo tutto dentro di sé.



 



“Bruno” piagnucolò, “penso di...penso che sto...”



 



Bruno non gli diede la possibilità di finire, stringendo con forza i
fianchi e accelerando il ritmo.



 



“Va bene, va bene, forza, vieni per me, sei meraviglioso...”



 



Camilo non udì il resto mentre tutto in lui scoppiava, il suo corpo
tremava e raggiungeva l’orgasmo più forte della sua vita.



 



Sentì Bruno che continuava a spingere, sempre più disperato. Il corpo di
Camilo sembrava senza peso, distante da sé, ma le sue labbra si mossero,
incoraggiando l’uomo. Lo sentì rabbrividire una, due volte, poi gemette contro
la spalla di Camilo mentre veniva.



 



Rimasero così per un po’, la
testa di Bruno appoggiata sul petto di Camilo, mentre il ragazzo passava
pigramente le dita tra i suoi capelli. Pensò vagamente a come avrebbe dovuto
pettinarlo di nuovo, a quanto i capelli fossero di nuovo selvaggi e intricati
per via del loro incontro. Ma più immediato fu il caldo senso di pace che si
irradiava per tutto il suo corpo. Giacevano lì, il silenzio era rotto solo dai
respiri affannosi, fluttuando su una nuvola sonnolenta. Voleva che durasse per
sempre.



 



Bruno alzò la testa per
guardarlo, con un piccolo sorriso. “È andata bene?” chiese, con una sottile
traccia di ansia nella voce. Camilo lo fissò per un momento. Bene? Era stata
l’esperienza più straordinaria della sua vita. Non sapeva spiegare tutto quello
che era successo a parole, come avvertiva che la sua stessa essenza fosse stata
radicalmente cambiata.



 



Quindi si limitò a sorridere e
disse: “Sì” sperando che fosse sufficiente. Quando Bruno si spostò per
stringerlo, acconsentì con entusiasmo, ridendo quando l’uomo cominciò a
baciargli le spalle.



 



“Hai un sacco di lentiggini”
disse Bruno, tracciandole con le dita. Erano tutte sulle braccia, alcune anche
sulle gambe e sul petto. Camilo si mosse perché Bruno riuscisse a raggiungerle.



 



“Mmh, sì, devo averle prese da
mio padre” disse assonnato. I suoi occhi si chiusero. Solo per un secondo, si
disse. “La mamma non ne ha. Nemmeno tu e zia Julieta”



 



Si sentiva sul punto di
addormentarsi mentre Bruno gli accarezzava con delicatezza la guancia, il collo
e la clavicola. Cercava un sacco il contatto fisico. Non che Camilo si lamentasse.



 



Quando le dita si ritirarono,
si lagnò per protesta, costringendosi ad aprire gli occhi. Bruno lo guardava di
nuovo con aria triste, il sorriso era scomparso dal suo volto.



 



“Cosa c’è?”



 



Bruno si morse il labbro. “È
che...” sospiro, “t-temo che tu...abbia commesso un errore”



 



Camilo batté le palpebre. “Non
ti seguo”



 



Bruno si mise a sedere,
torcendosi le mani e chiudendo gli occhi. “Voglio dire...t-tu non lo vuoi
davvero, giusto? Non è possibile. Io sono...beh, guardami!” la sua risata
sembrava forzata, come avesse ricevuto un pugno in petto, “sono...sono Bruno,
presagio di sventura! Sono molto più vecchio di te! Sono...sono tuo zio!”



 



“Ehi. Ehi...” Camilo si tirò su
e prese le mani di Bruno tra le sue. “Respira, okay? Andrà tutto bene” descrisse
gli esercizi di respriazione che usava per sua madre, finché Bruno non fu più
in iperventilazione. Ghermì le mani di Camilo come fossero l’unica cosa che lo
teneva ancorato.



 



Non aveva torto, in realtà. Non
era esattamente una situazione facile in cui trovarsi. La sola reputazione di
Bruno, che non si era mai ripristinata del tutto nemmeno ora che era tornato,
era sufficiente a far parlare la gente. E tutto il resto? Se loro due fossero
diventati di dominio pubblico, sarebbe stato uno scandalo. Senza tenere conto
di come avrebbe reagito il resto della famiglia. Sentì l’ansia crescere nel
petto, ma la represse. Non aveva importnaza, si disse. Non avrebbe dovuto
averne.



 



Camilo sapeva di amare Bruno,
lo sapeva per come voleva stringerlo e proteggerlo, difenderlo da un mondo che
non aveva mai veramente cercato di capirlo. Lo sapeva così come sapeva che gli
spazi tra le sue dita erano della misura giusta per accogliere quelle di Bruno.
Lo sapeva da come l’attrazione gravitazionale di Bruno,lo aveva catturato, e
qualsiasi tentativo di staccarsi gli avrebbe solo fatto del male.



 



“Ho paura” ammise Bruno,
incontrando finalmente lo sguardo di Camilo. Era una ferita aperta, esposta a
tutto il dolore che il mondo aveva da offrirgli. Guardava Camilo con occhi
imploranti, supplicando silenziosamente per qualcosa che non riusciva a identificare.
Camilo sapeva che sarebbe stato meglio fermare tutto subito, far finta di
niente e andare avanti con le loro vite, ma la parte egoista del suo cuore non
voleva permetterlo. La profondità dei suoi sentimenti, ancora nuovi, lo
terrorizzava, ma gli appartenevano, e non avrebbe finto che non esistessero.



 



Camilo attirò Bruno a sé e si
adagiò con lui sul letto, accarezzandogli la schiena mentre lui nascondeva il
viso nel suo collo.



 



“Anch’io ho paura” disse
dolcemente, premendogli un bacio tra i capelli. “Ma non vado da nessuna parte,
okay?”



 



Avvolse entrambi nelle coperte.
Potevano preoccuparsi al mattino. Lentamente, Camilo sentì Bruno rilassarsi
contro di lui mentre si addormentava. Persino l’ansia che turbinava nel suo
stomaco non riuscì a soffocare l’ondata amorevole che provava mentre si
lasciava andare e finalmente si addormentava.



 

 

     


                     





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