FanFiction Atri - Cartoon Disney | Il mio nome dalla tua voce di MarySaeba92 | FanFiction Zone

 

  Il mio nome dalla tua voce

         

 

  

  

  

  

Il mio nome dalla tua voce   (Letta 86 volte)

di MarySaeba92 

1 capitolo (conclusa) - 0 commenti - 0 seguaci - Vietata ai minori di 16 anni

    

 

Sezione:

FilmAtri - Cartoon Disney

Genere:

Erotico - Introspettivo - Romantico

Annotazioni:

Traduzione

Protagonisti:

Bruno Madrigal - Camilo Madrigal

Coppie:

Bruno Madrigal/Camilo Madrigal (Tipo di coppia «Yaoi»)

 

 

              

  


  

 // 

Bruno è sveglio durante la notte quando riceve una telefonata da suo nipote, una persona che si era ripromesso di lasciare nel suo passato. (BruMilo / AU)


  

Fanfiction tradotta dall´inglese.


Titolo originale: Your
voice, saying my name  



Link storia originale:
https://archiveofourown.org/works/37245361

Link autore: https://archiveofourown.org/users/boyswillbeboxes/pseuds/boyswillbeboxes



 

Tecnicamente il rating è rosso, ma così almeno chiunque può leggere liberamente senza obbligo di iscrizione...contenuto incest + grande differenza d´età, se l´idea non vi piace, sono sicura troverete qualcosa di vostro gusto altrove ^_^ altrimenti, buona lettura







 



Il vagito proveniente dal baby monitor destò Bruno dal
suo sonno, nell’intontita terra dei vivi. Gemette, strofinandosi il viso e
tirandosi su per mettersi a sedere sul bordo del letto. Mariana ancora non
dormiva tutta la notte. Sapeva che ci sarebbe voluto del tempo, ma desiderava
che la piccola si abituasse un po’ più in fretta. Le ultime notti lo stavano
sfiancando, i suoi occhi erano sempre arrossati. Nemmeno il caffè più forte
poteva qualcosa contro il liello di stanchezza che gli pendeva dalle spalle
come un cappotto pesante.



 



Sua moglie si mosse dall’altra parte del letto, girandosi
con un sospiro. Aveva fatto di tutto durante il giorno, cercando di racimolare una
sorta di sonnellino, con una neonata che aveva necessità costanti. Per quanto
fosse stanco, sapeva che per lei era molto peggio. Sorrise e si allungò per
stringerle la spalla.



 



“Ci penso io” sussurrò, baciandole la tempia. “Riposa”



 



Lei non provò neanche a controbattere, i suoi occhi erano
già chiusi mentre lui afferrava il monitor e il telefono, la fioca torcia era
l’unica cosa che gli impediva di sbattere mentre si faceva strada nella stanza.
Si infilò i pantaloni del pigiama e una vecchia maglietta. Quando chiuse la
porta della camera da letto, sua moglie era tornata a ronfare, ignara del
mondo.



 



Bruno sentiva Mariana che continuava a piangere dal
monitor, ma era abbastanza abituato da conoscere la routine. Avrebbe avuto
bisogno del cambio del pannolino e poi di mangiare. Se avesse riscaldato il
latte ora, avrebbe avuto il tempo di raffreddarsi. Si mosse intontito in
cucina, il cervello impostato sul pilota automatico mentre recuperava tutto ciò
di cui aveva bisogno. Con in mano il biberon, si recò nella stanza della
bambina.



 



Accese la lampada, sussultando alla luce che gli lasciò
la vista disturbata. Sua figlia ora si lamentava per davvero, le piccole membra
si dimenavano e il viso era rosso intenso. Lui emise dolci rumori per calmarla
mentre la prendeva in braccio e la portava al fasciatoio. Così vicino, le urla
risuonarono terribilmente nelle orecchie.



 



“Dai, ragazzina, rendimi le cose facili per una volta”
borbottò, sbottonando la tutina e cercando di liberarla. Non ebbe molta fortuna.
Lei calciò, mancandogli di poco il naso con il minuscolo piede, guadagnandosi
un’espressione impressionata. Era una combattente. Doveva averlo preso da sua
madre; lui, invece, era minaccioso quanto un fazzoletto bagnato.



 



In qualche modo riuscì a spogliarla e applicare il
pannolino pulito, ma non si preoccupò di rimetterle la tutina. Era una notte
piuttosto calda, probabilmente sarebbe stata più a suo agio senza. Il suo
pianto si era trasformato in piagnucolii, le piccole mani gli afferravano i
capelli mentre lui la cullava.



 



“Smettila” ridacchiò, liberando come meglio poteva i
riccioli dalle sue mani, “non facciamo del male a papà, ok?” le avvicinò il
biberon e lei tubò contenta mentre cominciava a bere. “Ecco qui. Brava bambina”



 



Quando il biberon fu vuoto, i suoi occhietti verdi
iniziarono ad abbassarsi, le mani si muovevano senza meta. Bruno la sollevò e
le diede un bacio sulla testa, tenendola stretta al petto.



 



Non avrebbe mai pensato di poter essere così fortunato.
Aveva quasi perso la speranza di avere una famiglia, alla sua età. 54 anni
erano troppi per un primo figlio, aveva pensato. Ma poi aveva conosciuto sua
moglie e una gravidanza accidentale era diventata la benedizione che era sua
figlia. L’amava con tutto il cuore e a volte si chiedeva come avesse avuto
tanta fortuna.



 



Posò con cura Mariana nella culla, il suo petto si
abbassava e si alzava nella profonda beatitudine del sonno. Era stata una
serata tranquilla e ne era grato. Probabilmente poteva dormire ancora qualche
ora prima di dover andare al lavoro.



 



Mentre chiudeva la porta della stanza, il telefono iniziò
a ronzargli in mano. Sbatté le palpebre, accigliato. Erano le due del mattino
passate. Chi poteva chiamarlo a quell’ora? Quando lo girò per guardare lo
schermo, il suo cuore sobbalzò.



 



Era Camilo.



 



Le mani di Bruno tremarono mentre fissava l’immagine del
profilo che aveva scelto per suo nipote, un selfie sulla spiaggia che Camilo
gli aveva inviato qualche anno prima. Era passato tanto tempo dall’ultima volta
che avevano parlato direttamente, il loro unico contatto erano le cene e le
feste di famiglia occasionali, oltre alle informazioni che Pepa passava
dall’uno all’altro. Probabilmente avrebbe dovuto rifiutare la chiamata e scoprire
cosa voleva Camilo l’indomani. Ma se fosse stata un’emergenza? Era successo
qualcosa a Pepa o a Felix?



 



Accettò.



 



“Ehiiii zio!” la voce di Camilo risuonò forte
dall’altoparlante metallico del telefono, costringendo Bruno ad allontanarlo
mentre si spostava in soggiorno e si buttava pesantemente sul divano.



 



“Camilo, sei ubriaco?”



 



Tecnicamente aveva l’età per bere, ma solo da qualche
settimana. Bruno non era andato alla sua festa di compleanno, sostenendo che
doveva rimanere a casa per aiutare con Mariana. Teoricamente non era stata una
bugia, ma...



 



Avrebbe dovuto rifiutare la chiamate.



 



“Pfff...no” farfugliò Camilo, “solo un paio di drink, sto
bene” rise. “Volevo lasciarti un messaggio in segreteria, ma così è molto
meglio. Non puoi ignorarmi al telefono!”



 



Bruno sospirò, pizzicandosi tra le sopracciglia. “Io
non...non ti sto ignorando”



 



Anche se ubriaco, Camilo avrebbe visto oltre quella
bugia. “Ho solo avuto molto da fare”



 



“Sì, sì, lo so...” un leggero fruscio provenne dall’altro
lato mentre Camilo si muoveva. Sperava che fosse a casa e non da qualche
sconosciuto. L’ultima volta aveva sentito che Camilo cambiava fidanzati come
fazzoletti. “Stavo pensando a te oggi”



 



Calò il silenzio. Bruno sapeva che non avrebbe dovuto
chiedere, avrebbe dovuto dire a Camilo di andare a letto, avrebbero potuto
parlare di mattina se lo avesse voluto. Non era una conversazione che avrebbero
dovuto sostenere mentre Camilo era ubriaco.



 



Ma sospirò e disse: “Pensando a cosa?”



 



“A te” Camilo sembrava compiaciuto, il sorriso nella sua
voce era inconfondibile. Poi la sua voce vacillò. “A...a noi”



 



“Camilo...” Bruno deglutì a fatica. Si erano ripromessi
che avrebbero smesso. Qualunque cosa fosse successa tra loro, avevano
concordato che era sbagliato continuare, ed entrambi sarebbero dovuti andare
avanti. Erano passati quasi due anni; da allora Bruno aveva tenuto la testa
bassa e si era concentrato sul lavoro, limitando al minimo gli incontri
familiari. Quando aveva conosciuto sua moglie era stato facile calarsi nel
ruolo del fidanzato affettuoso, trascorrendo ogni momento libero con lei e
lasciando che diventasse la sua scusa per allontanarsi.



 



Era così facile interpretare quel ruolo e fingere di
amarla.



 



“Sei ubriaco” disse Bruno, “dovremmo...parlarne un’altra
volta...”



 



“No. No, per favore, non riattaccare” la voce di Camilo
era disperata, implorante. “Ti prego...avevo davvero bisogno di sentire la tua
voce” un suono soffocato gli sfuggì dalle labbra. “Mi sei mancato”



 



Bruno si morse la lingua, costringendosi a non parlare
mentre Camilo faticava a ricomporsi. Ovviamente anche lui aveva sentito la sua
mancanza. Ecco perché si era impegnato così tanto per stargli lontano, per
evitare di stare solo con lui anche se per pochi minuti. Anche ora, il suo
cuore era dolorante; voleva tanto confortarlo, ma se lo avesse fatto, avrebbe
dato a Camilo un’impressione sbagliata. Non potevano farlo. Non di nuovo. Una
notte di ubriachezza e solitudine non cambiava il fatto che fossero zio e
nipote, né i 35 anni che li separavano.



 



“Scusa” disse Camilo, con voce roca. “Ma...possiamo
soltanto parlare, per un po’? Non di quello...” una pausa, “non ho davvero
voglia di stare solo in questo momento”



 



“Sì. Certo” Bruno cercò argomenti, qualcosa di cui
parlare che fosse territorio sicuro. “Come va, uh...la scuola? L’università ti
piace?”



 



La risata di Camilo fu breve ma genuina. “Sul serio? Vuoi
parlare di questo?” altro fruscio, “la scuola va bene. Ma...non so perché devo
frequentare tutte queste lezioni extra quando studio teatro, sai?”



 



“Sì” ridacchiò Bruno, “è un po’ stupido”



 



Quando era toccato a lui, sua madre gli aveva chiesto di
scegliere una laurea ‘sicura’, quindi tutte le lezioni gli erano parse una
rottura. Ma ora aveva un buon lavoro che poteva mantenere una famiglia, quindi
alla fine ne era valsa la pena. “Hai qualche spettacolo?”



 



“Mh. Sono un personaggio secondario importante” la voce
di Camilo era sonnolenta e bassa. Si stava addormentando? “Se ti procurassi un
biglietto, verresti? È tra poche settimane”



 



Bruno esitò. Non avrebbe dovuto, ma...sicuramente, vedere
suo nipote in uno spettacolo sarebbe stato perfettamente tranquillo? Ci
sarebbero state molte persone, e molto probabilmente Camilo sarebbe stato molto
preso da altro; che male c’era?



 



“Certo” disse piano, “mi piacerebbe vederti recitare”



 



Camilo rispose allegramente. “Recito sempre, zio”



 



Bruno sospettava che non intendesse solo nelle commedie.
Non c’erano molte persone che conoscevano davvero Camilo, che riuscivano a
vedere oltre le maschere accuratamente costruite che indossava per mantenere il
resto del mondo ignaro. Un tempo si era annoverato tra quei pochi fortunati.
Ora dubitava di avere ancora il diritto di definirsi lo zio di Camilo.



 



Un piagnucolio dall’altro lato lo fece trasalire.
“Camilo? Stai bene?”



 



“S-sì...” la sua voce era affannata, “continua a parlare”



 



Bruno non sapeva davvero di cosa, quindi iniziò a
raccontare delle cose che accadevano al lavoro, dei suoi colleghi e dei piccoli
drammi. Non si faceva coinvolgere, ma doveva ammettere che i pettegolezzi gli
piacevano. Rendevano sopportabile una noiosa giornata lavorativa.



 



Mentre parlava, sentiva solo il respiro di Camilo, un
rumore lontano che suggeriva che suo nipote lo avesse messo in vivavoce e
avesse posato il telefono. Si fermò un momento, ascoltando attentamente. Si era
addormentato?



 



“Ora vado” disse, non volendo svegliarlo. Un grido acuto
lo fermò.



 



“N-no...ancora qualche minuto!” supplicò Camilo. Sembrava
disperato.



 



“Camilo...” sospirò. “È tardi. Dobbiamo andare a letto”
si morse pensierosamente il labbro inferiore. Era andata bene, quindi forse...
“Puoi...chiamarmi domani, se vuoi”



 



“Per favore” soffiò Camilo, “mi serve...ho quasi finito”



 



Il cuore di Bruno perse un battito mentre il suo orecchio
captava finalmente i suoni morbidi e delicati. La vergogna gli indondò le
guance di un rosso cremisi, rendendosi conto di quello che Camilo stava
realmente facendo.



 



“S-stai...?” si interruppe con uno squittio imbarazzato.



 



“Scusa. Mi dispiace. Mi dispiace tanto” non sembrava
minimamente pentito, il suo respiro gli arrivava in corti ansiti mentre i
rumori acceleravano. “Non ho potuto...farne a meno. Ho sentito la tua voce
e...” emise un basso gemito, “dì ancora il mio nome. Ti prego”



 



Avrebbe dovuto riagganciare. Bloccare il numero di Camilo,
cercare di ottenere tutto il sonno che poteva recuperare. Andare a sdraiarsi
nel letto accanto a sua moglie che lo amava. Ma l’immagine mentale di Camilo
che si toccava soltanto sentendo la sua voce era così eccitante che sentì il
mondo vorticare intorno a lui. Strinse una mano sulla coscia per evitare di
scendere a schiacciare il doloroso rigonfiamento dei pantaloni del pigiama.



 



 “Per favore,
Camilo...” Bruno non sapeva più cosa voleva chiedere. Che si fermasse? Non
l’avrebbe fatto. Che continuasse? Non avrebbe dovuto. L’uomo chiuse gli occhi,
l’ultimo ricordo di Camilo nudo nel suo letto gli diede un’utile immagine
mentale di suo nipote, dai fianchi sottili e angoli morbidi, il suo sesso
perfetto, arrossato e rosa mentre lo accarezzava, il rossore sulle sue guance
che cancellava completamente le sue lentiggini. Gemette.



 



“Sì, così...” i gemiti di Camilo si fecero un po’ più
alti, “ci sono quasi”



 



Bruno voleva sentirlo venire. Era passato così tanto
tempo dall’ultima volta che lo aveva sentito, che lo aveva fatto venire. La sua
mano si strinse più forte sulla gamba, mentre deglutiva a fatica.



 



“Forza” disse, con voce bassa e gutturale, sapendo che
piaceva a Camilo. “Vieni per me, piccolo. Accarezzati per me”



 



Sentiva di essere lui l’ubriaco, con la testa stordita e
persa. Emise un lungo gemito quando sentì Camilo finire, chiamando il suo nome.



 



Ci furono alcuni lunghi momenti di silenzio, mentre
Camilo riprendeva fiato e Bruno teneva le mani saldamente in territorio sicuro.



 



Non sapeva dove si sarebbero diretti da quel punto. Aveva
oltrepassato il limite per tornare in un campo in cui si era ripromesso di non
rientrare mai più. Avrebbe dovuto parlare nuovamente con Camilo quando fosse
stato sobrio, dirgli che era stato un errore. Ma, oh, quanto lo desiderava in
quel momento. L’esigenza era qualcosa che graffiava e mordeva.



 



“Zio Bruno?” la voce di Camilo era quasi timida. Gli fece
sospendere il fiato.



 



“Sì?” disse, a malapena un sussurro.



 



“Io...” un attimo di silenzio, “ho un appartamento.
Vicino all’università. Vuoi...vuoi l’indirizzo?”



 



Sapeva di dover dire di no. Ma il modo sincero e
innocente con cui Camilo lo aveva chiesto, come se non avessero fatto quello
che avevano appena fatto, gli fece trattenere il sottile filo della speranza
che si potesse ancora risolvere in modalità familiare. Una svista, niente che
non potessero reprimere e fingere che non fosse accaduta. Era il motto della
loro famiglia, dopotutto.



 



“Sì” disse, non fidandosi della sua voce. Quando
trascrisse l’indirizzo nell’app degli appunti, finalmente riattaccò, fissando
il telefono sulle sue gambe come se stesse per esplodere. Era solo un
indirizzo. Un posto in cui viveva suo nipote.



 



Ed era a soli dieci minuti di distanza.



 



Lottò con se stesso per un intero minuto, camminando
avanti e indietro per il soggiorno. Il suo sesso gli pulsava tra le gambe,
facendogli girare la testa e annebbiando il suo giudizio. Con un’imprecazione,
si infilò le scarpe. A malapena ebbe la lucidità di scarabocchiare
frettolosamente su un biglietto a proposito di un’emergenza familiare, poi
prese le chiavi ed uscì.



 



Per tutto il tragitto, tenne il volante così stretto che
le nocche diventarono bianche. Tutto in lui tremava e una vocina nella sua
coscienza gli diceva di tornare indietro, di tornare a casa. Ma non lo fece,
seguendo il navigatore in ogni curva finché non arrivò a un piccolo complesso
di appartamenti.



 



A ogni passo i suoi piedi sembravano fatti di piombo;
esitò, indietreggiò, esitò ancora, si rivoltò. Quando finalmente giunse alla
porta, dopo aver controllato l’indirizzo quattro volte, tremava come una
foglia.



 



Non poteva tornare indietro ora.



 



Girò lentamente la maniglia ed entrò, concedendosi un
breve momento per ricordarsi di rimproverare Camilo per aver lasciato la porta
aperta, permettendo a qualsiasi estraneo di entrare. Chiuse la serratura alle
sue spalle mentre si muoveva nell’appartamento buio e silenzioso. C’era una
tenue luce gialla proveniente da una stanza sul retro. Bruno si fece strada
verso di essa, i piedi avanzavano silenziosamente sulla moquette. Esitò solo un
momento: aveva già preso la sua decisione e la consapevolezza di ciò che lo
attendeva dall’altro lato gli dava le vertigini.



 



Camilo era sdraiato sul letto, gli occhi chiusi e il
petto che si muoveva in respiri soffici e uniformi. Indossava un paio di
pantaloni neri attillati e una canottiera con un motivo luccicante dorato
davanti. Il volto era truccato, anche se ora era sbavato, indossava
braccialetti rigidi e orecchini di diamanti. Doveva essere uscito in discoteca.
Era uno spettacolo con i capelli tutti arruffati, i pantaloni abbassati sui
fianchi e il sesso morbido che faceva capolino.



 



Bruno si tolse le scarpe e si diresse silenziosamente
verso il letto. Quando il suo ginocchio toccò il materasso, gli occhi nocciola
di Camilo si spalancarono, un lento sorriso abbellì il suo splendido viso
mentre si concentrava su Bruno.



 



“Ehi” disse piano, con voce timida.



 



Bruno deglutì. “Ehi” rispose, sedendosi. Allungò una
mano, le dita accarezzarono il suo viso. L’ultima volta che l’aveva visto, aveva
ancora un’aria infantile con le guance paffute. La sua mascella era un po’ più
definita ora, con un minimo di accenno di barba.



 



Camilo si strofinò contro la sua mano e gli baciò il
palmo. I suoi occhi erano sfocati, un po’ arrossati, ma guardavano Bruno come
se volesse che l’uomo lo divorasse.



 



Oh, quanto Bruno desiderava divorarlo.



 



Ogni pensiero sul fatto che fosse una pessima idea fu
distantemente silenziato, perso nel modo in cui Camilo si mise a sedere e si
sporse verso di lui. Accettò avidamente il bacio, un braccio cinse la vita di
Camilo per tirarlo più vicino. Il gemito che ne risultò fece pulsare la sua
erezione.



 



Camilo si allontanò brevemente per sfilarsi i pantaloni,
sforzo non particolarmente facile per quanto erano stretti, poi si avventò su
Bruno, spingendolo sul letto mentre si metteva a cavalcioni su di lui.
Schiacciò il sedere sul sesso duro di Bruno, facendolo gemere e portandolo a
stringere con forza i fianchi del giovane.



 



“Sapevo che ti ero mancato anch’io” ansimò Camilo, gli
occhi socchiusi mentre roteava i fianchi, “merda, ti voglio così tanto dentro
di me”



 



L’alcool stava chiaramente avendo ancora effetto su di
lui, o forse due anni avevano davvero fatto molta differenza; Camilo era stato
molto più timido con le parole quando erano stati insieme. Ora era come se
fosse stato premuto un interruttore, scie di imprecazioni e sconci flussi di
coscienza gli uscivano dalle labbra come niente. Bruno si sentì stordito e
dovette costringere Camilo a fermarsi per non venire nei pantaloni.



 



Camilo scivolò felicemente lungo le sue gambe,
prendendogli i pantaloni e i boxer. Sorrise davanti al sesso duro di Bruno,
prendendolo in mano e accarezzandolo con un sorriso malizioso.



 



“Dio, mi è mancato succhiartelo” disse, leccando la
punta, una goccia scomparve dietro le sue labbra. Ghignò. “Forse la prossima
volta, però”



 



Quel ragazzo lo avrebbe fatto impazzire.



 



Camilo tolse la maglietta di Bruno, poi la propria,
rivelando un paio di cerchietti d’oro sui capezzoli. Bruno rimase sbalordito,
allungando la mano per far scorrere le dita lungo il metallo riscaldato dal
calore del suo corpo. Diede un piccolo strattone, affascinato da come Camilo
rabbrividì.



 



Con un accenno di disperazione, Camilo recuperò dal
comodino un flacone di lubrificante. Bruno ebbe un momento per soffermarsi
sulla spavalderia di tenerlo alla portata degli occhi di chiunque, prima che
Camilo ne spruzzasse un po’ sulle sue mani, praticamente inzuppandogli le dita.
Poi si sistemò nuovamente su Bruno, a cavalcioni, appena sopra la sua erezione.



 



“Forza” disse Camilo, chinandosi su Bruno con gli occhi
socchiusi. Afferrò una mano di Bruno e la condusse verso di sé, premendo le
dita contro la sua apertura con un lieve gemito. “P-preparami per te” sospirò,
“ti voglio da morire”



 



Bruno si sollevò per baciarlo, quasi azzannando le sue
labbra mentre infilò un dito. Dopo circa un minuto, Camilo piagnucolò per avere
di più. Premette un secondo, e un terzo. Prese in considerazione l’idea di
aggiungere un quarto, ma il ragazzo si stava già contorcendo con impazienza e
sembrava più che pronto. Bruno lo rovesciò sul letto, stendendolo sulla
schiena, facendogli battere le palpebre. Era così bello che Bruno volle
piangere. Passò la mano lubrificata sul proprio sesso, gemendo un po’ per
quanto era sensibile, poi finalmente, finalmente affondò nel calore stretto e
bollente di suo nipote.



 



Camilo emise un basso lamento mentre Bruno andava fino in
fondo, e si aggrappò a qualsiasi parte dell’uomo che riusciva a raggiungere.
Una mano cadde sul materasso, e cercò freneticamente fino a trovare quella di
Bruno, lasciando intrecciare le loro dita. Fissò il soffitto, gli occhi vitrei
e sfocati, ma quando Bruno esitò, lo attirò in un lento, dolce bacio.



 



Bruno iniziò a muovere i fianchi, piccole spinte superficiali
che acquistarono velocità mentre Camilo gemeva incoraggiante nella sua bocca. Stare
dentro di lui era come bere il primo sorso d’acqua dopo essersi perso nel
deserto. Come aveva potuto pensare che qualsiasi altra cosa potesse avere un
paragone?



 



Il suo bellissimo, rumoroso, impertinente nipote, steso
tra le lenzuola solo per lui, a gemere il suo nome e avvinghiandosi a lui come
a un’ancora di salvezza nel mare.



 



Afferrò le spalle di Camilo, spingendosi più a fondo,
strappando deliziose grida dalla bocca del giovane. Ognuno di essi faceva
sentire la sua pelle come un cavo in tensione, il calore umido intorno a lui
era così intenso che tutto si restringeva a quel momento. Nient’altro contava.
Voleva restare lì per sempre, a scopare e baciare Camilo finché il resto del
mondo non fosse scomparso.



 



“Bruno” gemette Camilo. Le sue unghie affondarono nella
pelle dei fianchi di suo zio, incoraggiandolo ad andare più veloce. Il suo
volto era disperato e implorante.



 



“Vieni dentro di me, ti prego, lo voglio”



 



L’immagine mentale di Camilo, distrutto e con il suo seme
che gli colava fuori, quasi lo fece cedere. Riuscì a trattenersi; prima doveva
occuparsi di Camilo.



 



L’uomo si chinò e afferrò uno dei piccoli anelli tra i
denti, tirando delicatamente prima di agganciare le labbra al capezzolo
turgido. Il corpo di Camilo si irrigidì, la sua mano si infilò tra i capelli di
Bruno. Un minuto dopo urlò, il suo corpo si inarcò mentre veniva tra di loro.
Bruno lo seguì poco dopo, spingendo finché non fu più possibile, poi crollò
esageratamente sopra Camilo.



 



Sapeva che doveva essere pesante: per quanto fosse magro,
un peso morto rimaneva un peso morto. Ma Camilo era troppo occupato a
riprendere fiato per esserne disturbato. Le sue mani accarezzarono pigramente i
capelli di Bruno, la pelle sudata della schiena, piccoli tocchi leggeri come
piume che lasciavano un formicolio.



 



Bruno seppellì il viso nel collo di Camilo con un
sospiro, respirando ciò che restava della fragranza che suo nipote aveva messo
durante la serata. Si sentiva pieno di calore, così felice, il sesso morbido
ancora nascosto nel corpo del suo amante. Si appisolò leggermente, ma si
svegliò di soprassalto quando la voce di Camilo gli sussurrò all’orecchio.



 



“Bruno” disse dolcemente, continuando ad accarezzargli i
riccioli. “Bruno, il mio Bruno. Mio”



 



Il ragazzo lo baciò lungo la spalla fino al collo,
strofinandosi contro la pelle. Quando i denti gli sfiorarono dolcemente la
mascella, un impulso di panico fece balzare Bruno.



 



“Non lasciarmi segni!” esclamò, il cuore gli martellava
dolorosamente nel petto. Come avrebbe spiegato a sua moglie la presenza di
segni e morsi sul collo? Camilo lo fissò, con espressione ferita mentre si
sollevava.



 



“Non intendevo farlo” affermò, allungando la mano.
“Bruno...”



 



Bruno evitò il suo tocco, scivolando sul bordo del letto
mentre il suo respiro si faceva ansante per il panico. Oddio, cos’aveva fatto?
Se sua moglie lo avesse scoperto, avrebbe voluto il divorzio. E se avesse
portato via Mariana?



 



Camilo si spostò dietro di lui, le braccia magre lo
avvolsero e lo tirarono contro il suo petto solido.



 



“Respira” disse con voce calmante, “va tutto bene”



 



Non andava bene. Niente andava bene. Ma obbedì, ripetendo
mentalmente gli esercizi di respirazione che aveva imparato e cercando di
fermare la stanza che continuava a girare.



 



Quando finalmente si calmò abbastanza da essere di nuovo
consapevole di ciò che lo circondava, si ritrovò con la testa tra le mani,
Camilo adagiato contro la sua schiena, sfregando il viso contro di lui. La sua
presenza era sorprendentemente calmante, ma il suo cuore si strinse
dolorosamente quando si rese conto di quanto fosse innamorato di lui. Due anni
passati ad evitarlo, a buttarsi su qualsiasi altra cosa potesse servire come
distrazione, niente di tutto ciò contava, no? Il suo cuore apparteneva ancora a
Camilo. Forse sarebbe stato così per sempre.



 



“Dovevamo smettere” sussurrò Bruno. Le sue spalle
tremavano leggermente mentre respingeva le lacrime che gli bruciavano gli
occhi. “Avevamo deciso che era meglio così...”



 



“Tu lo avevi deciso” la voce di Camilo era amara mentre
stringeva maggiormente Bruno, “sei stato tu a dire che era una cattiva idea,
che avrei dovuto frequentare qualcuno della mia età. Io non l’ho mai voluto” un
singhiozzo giunse dalle sue spalle, “e poi hai iniziato a comportarti come se
io non esistessi...non volevi nemmeno parlarmi!”



 



Bruno deglutì. “Cosa vuoi da me, Camilo?”



 



“Tutto!” Camilo singhiozzava apertamente ora, stringendo
Bruno così forte che non avrebbe potuto girarsi neanche volendolo. “Voglio
essere io a sposarti, ad avere un figlio con te. Voglio...voglio poter uscire ed
essere orgoglioso di dire alla gente che sei mio. Di dire a tutti quanto ti
amo! E non posso!”



 



Un gemito sfuggì dalle sue labbra, il crudo dolore e
l’emozione strinsero il cuore di Bruno. Afferrò una mano di Camilo, premendo un
bacio su ogni dito freddo.



 



“Amore...”



 



Avrebbe voluto dare tutto ciò a Camilo, cancellare gli
ostacoli e le barriere che sembravano così insormontabili. Stare insieme, senza
giudizi. Ma entrambi sapevano che non sarebbe successo.



 



Eppure, il pensiero di tornare a non avere tutto questo,
a fingere di non amare con tutto il suo cuore suo nipote, sembrava impensabile.
Una singola telefonata aveva annullato anni di repressione e diniego. Aveva
aperto una saracinesca dentro Bruno che non poteva semplicemente essere
richiusa.



 



Finalmente Camilo si calmò, strofinando la guancia sulla
schiena di Bruno in segno di conforto. Entrambi erano piuttosto fottuti,
apparentemente, e nessuna fuga avrebbe cambiato le cose.



 



“Bruno?”



 



“Mh?” Bruno si voltò parzialmente, guardando i capelli
ricci e vaporosi, l’unica cosa che riusciva a vedere. “Cosa c’è?”



 



“Domani...verrai di nuovo?”



 



Bruno si immobilizzò. Doveva lavorare e tornare a casa
per aiutare sua moglie con Mariana. Non poteva abbandonare le sue
responsabilità, anche se sapeva di non poter abbandonare neanche Camilo. Pensò
poi a quanto fosse vicino quel posto rispetto al suo ufficio, e che un’ora di
pranzo fosse davvero molto più del necessario.



 



“Sì” disse piano, posando un altro bacio sulla mano di
Camilo.
“Verrò”.

 

     


                     





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