FanFiction Lady Oscar | Paris di anna_1755 | FanFiction Zone

 

  Paris

         

 

  

  

  

  

Paris   (Letta 827 volte)

di anna_1755 

21 capitoli (in corso) - 0 commenti - 2 seguaci - Vietata ai minori di 16 anni

    

 

Sezione:

Anime e MangaLady Oscar

Genere:

Storico - Romantico - Drammatico - Giallo

Annotazioni:

What If

Protagonisti:

Oscar François de Jarjayes - Andre' Grandier

Coppie:

Oscar François de Jarjayes/Andre' Grandier (Tipo di coppia «Generic»)

 

 

              

  


  

 Rimorsi 

 


  

Rimorsi

Che cosa ho fatto...

Perché…

Perché l’ho fatto?

 

La domanda secca e tagliente galleggiava nella mente, nella gola, a rallentare lo scorrere del sangue, fermo all’oscurità degli occhi e dell’anima…

La bocca dello stomaco chiusa, il respiro lento, la testa stretta tra le mani, ascoltando le tempie che pulsavano mentre nelle dita erano ancora impressi i polsi di lei...

 

Strinse i pugni ritrovando in essi la consistenza dei polsi di lei.

Ricordò di averli afferrati e stretti con una forza inaudita.

 

Avrebbe detto fossero più robusti i suoi polsi, anche se leggeri e agili.

Li aveva scorti spesso quei polsi, quando loro due duellavano, quando cavalcavano e ricordava quando lei ogni tanto li massaggiava, dopo gli estenuanti allenamenti con suo padre.

 

Che cosa ho fatto?

Li ho afferrati, stretti con forza, con rabbia, per non lasciarli, perché tu la smettessi di fuggire da me…

E da te stessa…

 

L’istinto gli aveva imposto di farlo e dentro quella presa si erano riversate, suo malgrado, tutta la disperazione e l’impotenza al pensiero di essere sbattuto fuori dalla sua vita, come si fa con un oggetto che non serve più.

 

Nella mente quel gesto dolente e terribile s’imponeva adesso, netto e distinto.

E sarebbe rimasto lì, forse per sempre, come un fantasma che non avrebbe dato tregua alla coscienza, risvegliata all’improvviso, colpita dal tenue raggio di luce che correva lungo le assi calde del pavimento.

 

André aprì gli occhi, allora, quasi a forza.

I ricordi gli giungevano alla coscienza e a ciò che ora era, in quel momento, sveglio, cosciente, anche se la mente lo richiamava indietro alla sera prima.

 

Perché l’ho fatto?

 

Nemmeno il dubbio di scusarsi…

Lo aveva già fatto…

“Perdonami…giuro su Dio che non farò mai più una cosa del genere…”.

 

Ma in fondo di cos’altro avrei dovuto scusarmi?

Ti ho amato…

Non ho potuto fare altro che amarti…più di chiunque altro di questo ne sono certo…

Anche se ti sarò sembrato arrogante…

E’ da una vita che non amo che te…

 

Volevo solo fermarti…

Fermare i tuoi pensieri…

Volevo fermarti e io non sono riuscito a farlo…

Volevo ricacciarti in gola le tue dannate parole…

Assurde, senza senso, dettate solo dalla paura di essere stata respinta da un uomo che nemmeno sapeva che donna fossi.

 

Mi hai detto che non avresti più avuto bisogno di me…

Sarei stato libero di uscire dalla tua vita…

 

Devo uscire dalla tua vita…

Devo farlo…

Non ho scelta…

 

Tu non hai pensato che a me non interessa essere libero?

Non ci hai pensato a questo?

Che razza di uomo sarei?

 

Io ho bisogno di te…

Non sarei un uomo per questo?

Dio, come se un uomo non potesse essere toccato dalla sofferenza, dall’abbandono, dal vuoto, dal buio…

No, non ci hai pensato.

 

Libero…

Che parola assurda…

 

Tu Oscar nemmeno sai quello da cui non potrò mai essere libero.

Tu non puoi nulla contro il mio amore per te.

Tu non potrai mai concedermi di liberarmi di te…

Io stesso non ci sono mai riuscito in tutti questi anni…

 

Libero…

Dovrei subire la tua idea assurda di tornare ad essere pensare vivere e sentirti come un uomo?

Tu non sei un uomo Oscar.

Anche se ti vestirai e ti comporterai come un uomo per tutto il resto della tua vita.

Non sei uomo…

Non lo sei e non lo diventerai mai solo perché ti rifiuti di cedere all’amore ed alla sua incertezza…

 

E non lo sei non solo perché io ti amo…

Non c’entra nulla tutto questo…

Dio avrei dovuto fartelo capire…

 

Tutto quello a cui aveva pensato André in quel momento era che non voleva perderla.

E che l’avrebbe persa comunque perché non sarebbe più riuscito a starle accanto…

 

Dannazione, io non riesco più a vedere, a vederti…

Non sapevo nemmeno come sarei riuscito a restarti accanto.

Fino a ieri.

E tu…

 

Volevo solo farti comprendere che io…

Io ti amo e non posso perderti.

E che ti perderò…

Dio…

Non potrò più vederti…

 

André alzò lo sguardo alla finestra.

La luce ora filtrava prepotente e quasi feriva la vista, un poco annebbiata negli ultimi tempi.

Lo stomaco si chiuse, ancora di più.

 

Tutto quel tempo passato a nascondersi, a nascondere a tutti l’inesorabile discesa verso il buio.

Aveva faticato a restare saldo nelle sue abitudini, accontentarsi degli odori, dei rumori, allenando la memoria nel ricordo delle distanze a cui non aveva mai fatto caso, ma che, adesso, diventavano formidabili alleati per continuare a vivere in un’oscurità crescente ed inesorabile.

Allora era stato davvero bravo, perché nemmeno Oscar si era accorta di nulla, neppure lei lo aveva capito.

Lei non lo aveva mai osservato, non lo aveva mai guardato.

La sacrosanta ed unica verità era quella.

Ancora più tagliente della stessa cecità che avanzava.

 

Libero…

In una sola parola il riassunto della sua vita dispersa…

Libero…

Come una lama, quella parola gli era entrata dentro e aveva squarciato il velo dell’illusione.

 

Restarti accanto…

Fino a quando…

Nemmeno questo mi è dato sapere…

Ma tu hai deciso per te stessa…

E anche per me…

 

André sentì improvvisamente salire il disgusto allo stomaco, incapace di comprendere se esso fosse frutto primario di quella specie di rifiuto – perché così lui non poteva che considerarlo – oppure conseguenza del gesto immediatamente sgorgato dalle proprie mani.

Un gesto con cui aveva umiliato se stesso, scoprendosi incapace di trattenersi, di fermarsi e di non cadere così in basso…

Un gesto in cui lui aveva scorto la paura di Oscar.

L’aveva annusata, quella paura sulla pelle di lei senza guardarla, perché in quel momento, la rabbia era stata tale che lui non era riuscito a farlo...

Aveva ascoltato solo se stesso e la pulsione cieca ed assoluta di rivelarle chi era lui e che cosa era lei per lui.

 

Volevo solo che tu comprendessi cosa provo per te…

Amore…

Quell’amore che ti fa impazzire perché tutto appare lontano, irraggiungibile e allora resta solo il vuoto, il freddo, il nulla…

E’ da una vita che ci annego dentro…

 

Amore…

Ma che razza di amore può mai essere quello che non accetta un rifiuto?

Quello che non accetta di farsi da parte?

Pazzia…

E’ stata solo pazzia che ti ho riversato addosso…

Tu volevi fuggire da un amore impossibile e io non ho fatto altro che rivelarti un amore altrettanto pazzo, insensato e folle…

Se fossi fuggito anch’io…

Se fuggire fosse stata la soluzione...

 

Tu sei fuggita, Oscar….

Allora io avrei dovuto farlo da te tanto tempo fa…

E’ più difficile combattere…

Restare e combattere…

 

La rabbia era salita e dalle labbra era uscita quell’assurda frase.

 

Una rosa, che sia bianca o rossa, non potrà mai diventare un lillà…

 

Una frase incomprensibile…

Una rosa, non un lillà…

 

Non altro da ciò che era, da ciò che era sempre stata nella sua vita.

Lo era sempre stata una donna…

E lui così l’aveva sempre vista ed accolta…

 

Una rosa…

Glielo aveva detto…

Da sempre era così che lui la vedeva…

Scontrandosi con lei, oppure in silenzio, accettando il lieve ondeggiare del corpo mai piegato, mai domato se non dai colpi inferti dalla rabbia mai sopita o dalle lacrime di una vita spezzata.

Sempre al suo servizio, in perenne attesa di un cenno, persino di rivolta, che lui accettava piegandosi alla vita di lei, drammaticamente ed assurdamente in bilico.

Anche quando lei gli aveva detto di voler lasciare la Guardia Reale, per tornare a pensare, esistere, muoversi e vivere come un uomo…

 

Anche allora André era rimasto zitto.

Non aveva obiettato nulla.

Perché per lui, lei sarebbe stata sempre una rosa…

Così l’avrebbe sentita su di sé, in silenzio.

Ovunque fosse andata lei, lui l’avrebbe seguita.

 

Loro…

Loro sarebbero sempre stati tali, anche senza saperlo…

 

E invece Oscar….

Dannazione lei gli stava dicendo che era lui “libero”, che non avrebbe più avuto bisogno del suo aiuto, che avrebbe anche potuto vivere la sua vita come preferiva…

 

André si adagiò sul letto, voltandosi su un fianco.

Il calore delle coperte si sciolse vinto dall’aria fredda del mattino.

Gli parve di sentire la voce di lei di nuovo lì nel silenzio, quasi che lei fosse lì, davanti a sé, spietata con lui.

Ora lui era libero.

Non doveva più occuparsi di lei.

 

Solo pochi istanti per chiedersi chi fosse stato allora per lei fino a quel momento.

Solo pochi istanti per domandarsi quale fosse stato il motivo che l’aveva convinta ad allontanarlo da lei.

La sua assurda idea di vivere e voler essere un uomo…

 

Possibile che Oscar fosse corsa ad una tale assurdità pur di allontanare da sé la vergogna della propria debolezza per aver amato e per essere stata respinta dell’amore?

Oscar avrebbe avuto meno timore a cedere alla solitudine che all’incertezza dell’amore...

Nella solitudine nessuno ti giudica o ti accoglie o ti rifiuta.

E’ tutto molto più semplice.

Non era per vivere come un uomo…

Era per non avere più paura di ascoltare se stessa.

Mentre André non rappresentava nulla del mondo che lei aveva deciso di lasciare…

 

Dannazione, eppure a lui era parso davvero che lei avesse preso ad osservarlo, dopo la storia del Cavaliere Nero…

Come se Oscar lo cercasse con lo sguardo, magari di sfuggita, forse solo per compassione, forse per acquietare i sensi di colpa, per la ferita che aveva cancellato per sempre la vista del suo occhio sinistro.

Come a dirsi che in fondo tutto procedeva, se non come prima...

 

L´ambiguità di quello sguardo gli era scivolato addosso e c´era finito dentro, illudendosi.

La ferita si era riaperta allora, come se ci avessero versato il sale...

Era solo per quello allora.

 

La rabbia era salita, marea nera a riversarsi su di lei.

 

Una rosa, che sia bianca o rossa, non potrà mai diventare un lillà…

Ascolta, Oscar ascolta ciò che sei…

Ascoltati mentre ti guardo…

Respira quello che ho vissuto in questi anni, respira quello che siamo stati…

Ti amo…

 

Quanto vorrei fosse semplice dirtelo come è semplice dirlo a me stesso.

Come faccio a spiegarti che cos’è l’amore, come faccio?

Come faccio a dirti che ti voglio, qui, adesso, e che non m’importa di cosa accadrà…

 

Mi stai buttando fuori dalla tua vita…

Non ho più niente da perdere.

Non ho più niente…

 

André chiuse gli occhi e un moto di rabbia scosse i muscoli innervati di disperazione e desiderio...

La stessa che aveva guidato le mani, trattenute a stento, per andare oltre lei, per averla…

 

Lei era stata più veloce come sempre ed era stata la rabbia di lei a colpirlo, per prima...

Gli si era rovesciata addosso, quasi lei l´avesse trattenuta li, nella mano, in quel ceffone, volato sul viso, veloce e tagliente.

 

Lei lo aveva colpito…

Andrè rammentò di aver incassato il colpo che non gli aveva poi fatto così male, non certo male fisico.

Se lo aspettava e non lo temeva.

Quel palmo cattivo e sprezzante, unico contatto tra di loro.

Era accaduto ancora, non era una novità che lei si sfogasse così, incapace di usare parole o diplomazia...

Non ci andava tanto per il sottile lei...

E quel ceffone...

Dannazione, era stato come se da esso lui avesse tirato fuori quel coraggio assoluto ed oscuro che l´aveva convinto, in un moto istintivo, a non pensare più a nulla, a non credere di avere più scuse, quasi fosse nato per quello...

Averla, li, adesso…

Desiderio corrotto dalla rabbia…

Quel dannato istinto si era fatto strada attraverso la calma apparente, attraverso la freddezza che gelava lo sguardo…

Ed il silenzio impassibile e feroce che le aveva riservato, quasi non valesse la pena rispondere e spiegarle il perché di quelle parole che solo a lei parevano così assurde e senza senso, l’aveva fatta infuriare di più e Oscar lo aveva afferrato per la camicia e lo aveva attirato a se.

Era stata lei ad avvicinarsi, sfidando lo sguardo e chiedendo una spiegazione...

Voleva saperlo perchè...

Restare una donna…

Accezione di debolezza e d’incapacità…

Lei era così vicino…

 

André ricordò quell’istante.

Solo per un istante lo sguardo si era abbassato verso di lei…

Lo sguardo furente e tagliente. Le mani strette alla stoffa della camicia…

 

Un istante…

Immagini disperse, muscoli esili e lievi e chiari ed innocenti a scaldarsi, al sole, assieme, nell’eco di risate lontane e spruzzi di acqua gelata e dita chiuse a cercarsi ed intrecciarsi e mani strette per correre più veloci…

Bagliori struggenti…

 

La tua pelle…

Il tuo abbraccio forte e dolce…

Le dita di una mano chiuse, aggrappate alla camicia aperta sul petto, piccolo, liscio, nudo…

Le dita dell’altra a tenere strette le scarpe diventate barchette piene d’acqua e di fango…

Le mie mani aperte a sfiorare e reggere le tue gambe sottili…

Il tuo petto acerbo appoggiato alla mia schiena per nascondere la finta stanchezza di una lunga giornata trascorsa a rincorrersi…

I capelli biondi, ribelli, bagnati e leggeri, mentre mi solleticavano la nuca e io dovevo trattenermi dal ridere, mentre tu a cavalcioni te ne stava appollaiata sulla mia schiena.

E i discorsi infiniti sui grandi cavalieri del passato…

Il tuo respiro, leggero, ritmato, caldo.

Su di me, sul mio respiro.

Volevo averti…

Per me, solo per me.

Come un tempo.

Quando respiravo la tua pelle e nemmeno sapevo di farlo e nemmeno sapevo che mi era entrata dentro nell’anima e che avrebbe preso a torturarmi non appena mi fossi accorto di te…

 

La rivide Oscar di fronte a se…

E dentro di se riassaggiò il brivido colmo della rabbia che cresceva a dismisura, covata in anni di rispetto e rassegnazione, insinuata nel silenzio che opponeva ai silenzi di lei, colmi di dubbi per quel sentire nuovo che s´era animato nella mente per un altro uomo...

Quella rabbia doveva sgorgare da qualche parte, doveva uscire altrimenti lui sarebbe impazzito...

 

L’aveva afferrata per i polsi.

Non era mai accaduta una cosa del genere a sua memoria…

Non l’aveva mai fatto, non così, non sospinto dall’istinto di averla li, per se, per non lasciarla andare via…

Per acquietare i sensi, il desiderio, l´istinto di placare una tensione impossibile da arginare...

Era stato talmente assurdo quel gesto che persino lei non si era stupita...

Perchè non era mai accaduto e lei non se l’aspettava…

 

L´arrendevolezza del corpo...

La sua sensualità sgomenta...

Oscar non aveva nemmeno tentato di svincolarsi da quella stretta, tanto le era apparsa improvvisa, innaturale, senza senso.

E quello stupore, per assurdo, aveva scosso i muscoli, come a dirsi e convincersi che lui poteva esserne capace, e che poteva anche dimostraglielo che lei non aveva capito nulla di lui e che lui era diverso, ben diverso da come lei immaginava...

André aveva stretto i polsi, immobili, chiusi, nelle proprie mani...

Sarebbe stato capace davvero di prenderla e di strappare per se quella specie di sensualità indifesa...

E li aveva stretti al punto che lei…

“André, così mi fai male…” – aveva sussurrato lei guardandolo.

 

Adesso erano così vicini…

Loro…

Erano di nuovo loro…

Lei era così vicino…

Non aveva replicato nulla...

Era stanco di parlare...

Non c´era nulla da dire e si era solo permesso di osservare la sua pelle, scorta nell’incavo della camicia leggermente aperta.

La pelle chiara, rosata, morbida, liscia…

La sua pelle.

L´aveva voluta per se, li, in un guizzo teso e diabolico e subdolo inebriato dell’istinto di averla per se…

 

E così le dita si erano strette ancora di più attorno ai polsi esili ed immobili, richiamate dall’incredulità di lei, insinuate nella mancanza di qualsiasi remota reazione…

Le mani di lui sui polsi, strette.

Li aveva afferrati e stretti i suoi polsi, l’aveva guardata appena, con disprezzo quasi, fissandola negli occhi solo un istante, ed era stato come se non l’avesse mai guardata.

Lentamente, senza percepire resistenza alcuna, li aveva trascinati con se i suoi polsi, per impedirle di puntarli contro di lui, di sfuggirle…

Se le era portate via le sue mani, come se Oscar non avesse avuto forza alcuna, come se le sue braccia fossero due miseri fili d’erba da scostare dal viso…

O il colletto di una camicia da aggiustare meglio…

Ci aveva messo tutta la forza che aveva…

Tutta quella che gli premeva dentro, da una vita, innalzata dalla disperazione, la sua che veniva da più lontano e che non sarebbe diminuita solo perché lei aveva deciso di comportarsi come un uomo, magari imbracciando un fucile contro fantomatici nemici, da sola, lasciandolo libero, disperso…

Adesso ci voleva trascinare anche lei in quella disperazione, così forse Oscar avrebbe capito cosa significa amare senza speranza…

Amare da una vita però, non solo da poco tempo…

E per tutta la vita, però.

Non solo il tempo di un ballo.

 

Si era ritrovato con il battito del cuore di lei sul proprio, entrambi veloci e tesi…

Si era ritrovato il calore della sua pelle che lambiva la propria e poi il respiro secco ed impaurito a colpirlo in tocchi impercettibili e leggeri.

Si era ritrovato  i fianchi di lei sui propri, i lombi quasi combacianti, a premere e toccarsi, inafferrabili e sospesi e poi uniti a sospingere ancora ed ancora l´istinto e il desiderio...

Oscar non avrebbe potuto fare più nulla per respingerlo.

E lui li senza pietà o compassione a frenare quell’istinto, impassibile…

Non aveva più nulla da perdere ormai e quell’unico dilagante pensiero aveva sospinto il desiderio, impellente e spasmodico, di essere su di lei e di averla...

E di perdersi in quel corpo ed annientare forse la disperazione di chi non ha più nulla...

 

Averla…

Cogliere le labbra.

Prenderle toccarle assaggiarle…

Morderle quasi…

E la sua bocca…

Aveva colto la sua bocca...

Averla…

Quella era la sua bocca.

Cercata lambita gremita presa…

Le proprie mani strette sui polsi e le mani di lei strette dentro i palmi, le unghie quasi conficcate dentro di essi, in una contrazione di stupore e di rifiuto.

I polsi fermi, immobili, chiusi nelle mani contratte, chiuse…

 

Averla…

La sua bocca organismo mobile caldo umido sensibile…

Nella sua bocca era entrata la sua bocca…

Le sue labbra accoglievano le labbra…

Vertigine liquida che cercava la sua lingua, calda e mobile, combattendo per averla ed assaggiarla e muoversi insieme ad essa…

Movimenti, piccoli, rabbiosi, circolari, umidi, caldi, l’avevano sollevato, scosso, catturato oltre quello che lui stesso avrebbe mai potuto immaginare.

Passi incerti di una danza nuova….

In uno spazio così esiguo si era condensato l’impeto di un amore soffocato e riemerso prepotente e senza scrupoli che aveva catturato il corpo di lei ed il proprio corpo e si era espanso ed irradiato dentro di lei, sollevandosi insieme a quello di lei, in un moto di rabbia e di liberazione…

 

Una contrazione istintiva portò André a stringersi a se per assaggiare di nuovo la vibrazione unica, intensa e sorprendente che gli era corsa lungo la schiena, la sua bocca colma della bocca di lei e le labbra non avevano più spazio per muoversi se non aderendo a quelle di lei.

Quella bocca…

Quel contatto…

Il fuoco si era insinuato giù per la colonna vertebrale da animare i fianchi e a premere e a gremire altro spazio altra pelle altri muscoli...

 

Aveva preso colto afferrato trattenuto le sue labbra, cercando il calore dentro di esse.

E aveva sentito il suo sapore, l’umida scia di quei movimenti così terribilmente estatici, stupiti, inaspettati e rabbiosi.

Si era sentito sprofondare il quel contatto.

Un colpo al cuore che quasi aveva smesso di battere ed uno allo stomaco…

Il ventre contratto, quasi fosse stato colpito da un’onda gelida e pungente, irradiata e sospinta nelle vene, assieme al desiderio, e poi subito ritratta lasciandolo incapace di ritrovare la coscienza di se...

Il respiro sospeso, incerto se riprendere il senso del proprio corpo assieme ai muscoli ed alla loro naturale tensione…

 

Nessuna resa...

E la caparbia infinitesima insistenza di lei a non cedere, a non arrendersi, a non consentire nessun guadagno di spazio e di sensi, l´avevano spinto a chiedere di più, ancora di più, inebriato dalla vertigine oscura che vibrava nel sangue fluido, veloce, a riempire la carne e i muscoli, a pulsare caldo, pronto a mescolarsi a quello di lei, puro e mai sfiorato…

Andrè si era spinto verso di lei e aveva sentito il corpo di lei aderire al proprio.

Di più, sempre di più.

In piedi, in mezzo alla stanza.

I ruoli stravolti dalla furia di prendersi tutto, ogni parte di lei e di se stesso, dentro di lei senza chiedere nulla, senza pietà o rimorsi o compassione…

 

André chiuse gli occhi.

Di nuovo.

Ascoltò il proprio corpo che avanzava verso quello di lei, per trascinarla via…

Forse in un remoto tentativo di sottrarsi a quel contatto Oscar aveva provato ad indietreggiare, un poco, e lui l’aveva afferrata e stretta a se…

Per entrare ancora di più nella sua bocca…

Per trascinarla giù, in quell’inferno di libertà e di solitudine.

Ed i polsi sempre più stretti nelle mani che l’avevano sospinta indietro…

Indietro…

Ancora di più…

Lei, sollevata e sospinta e trascinata via…

Indietro…

Dove andava lei e dove lui la spingeva…

L’aveva presa e trascinata giù.

Per averla e per ricordarle che era una donna…

Nel peggiore dei modi.

Per rimarcare la sua debolezza, la sua fragilità, la sua arroganza nel renderlo libero…

Forse adesso Oscar non avrebbe fatto altro che detestare ancora di più il suo essere donna, fragile, leggera, nuda, indifesa…

Ma andava bene così, era giusto che fosse così...

Lei aveva deciso di restituirgli una libertà che non le apparteneva.

La libertà di amarla…

Quella apparteneva solo ad André, solo a lui.

E lui poteva farci quello che voleva adesso…

Così gli aveva dettato l’istinto…

Portarla via con sé, assieme alla propria solitudine ed alla propria disperazione…

Assieme alla leggerezza di lei, alla sua debolezza, alla sua detestabile intransigenza verso l’amore ed il dolore, tutto confuso, mescolato, per ricordare a se stesso che ora era libero e che di quella libertà lui non avrebbe saputo che farsene e che quella libertà lui non l’aveva voluta…

Lei era la sua libertà.

E adesso la voleva per se quella libertà.

Lì…

Sotto di se…

L’aveva trascinata sul letto…

Non aveva lasciato i polsi e così si era ritrovato quel corpo divenuto dannatamente fragile sotto di se, sotto il proprio peso, incapace di sottrarsi alla sua forza…

 

Adesso la luce calda sbucava dal vetro, illuminando la stanza con una prepotenza irritante.

Un barlume chiaro, indistinto, feroce, a richiamarlo al nuovo giorno che nasceva dove nulla sarebbe stato come prima.

Nulla sarebbe stato cancellato…

Il tempo avrebbe continuato a scorrere intorno a loro…

 

Lo sguardo si perse nel vuoto luminoso della stanza, mentre André ascoltava sotto di se, impressi dentro di se, i muscoli delle braccia e delle gambe di lei fermi, immobili, impauriti.

E i propri, tesi, ferrei ed impietosi, sopra di lei, a racchiudere oscurare distruggere la sua luce.

Attorno a se osservò gli stessi oggetti di sempre, nello stesso posto, nello stesso ordine, immersi nella luce che a poco a poco si sforzava di respingere il buio, lo combatteva per dare un senso alle cose, seppure inanimate ed immobili.

Tutto era fermo.

Come a dirsi che tutto era uguale a prima...

Come per scansare da se stesso il disprezzo che adesso mordeva la coscienza e che solo fino a qualche ora prima lui era stato capace di allontanare da se, per avere campo libero ed infischiarsene del rispetto e dell´amicizia e di chissà quale altra dannata ragione che gli avrebbe imposto di fermarsi...

Il cuore batteva forte ed inondava il corpo del battito veloce e ritmato, impossibile da fermare.

Il suo mescolato a quello di lei…

Cuore su cuore...

 

Si vide e si percepì identico all’ombra che si scontra con la luce tentando di combatterla per portarla con se…

La luce lo aveva respinto…

Luce ed ombra…

Sarebbero sempre esistiti, ma mai mescolati, nello stesso posto…

Per sempre distinti.

Lui era il buio, lei la luce.

 

André avrebbe voluto restare al buio.

Fermare l’avanzare della luce, del tempo, delle ore, per tornare alla quiete della notte ed alla sua immobilità, quasi che in essa potesse ritrovare un potere salvifico da quei pensieri così prepotenti, da quelle domande senza risposta che rimbombavano nella testa…

E dal corpo di lei che riemergeva adesso, impresso a se, finalmente afferrato e trattenuto e preso, in una sorta di orgasmo immaginato e soffocato nella violenza di un gesto inaudito.

Quella sensazione batteva nelle vene…

Malsana e dannata eppure era li a pulsare ed elemosinare un istante in più, ancora uno, perché solo quello gli sarebbe dovuto bastare.

Alla fine di tutto l’aveva fermata.

Era stato capace di tenere fermi i suoi muscoli e la sua volontà, lì, sotto di lui, sotto il peso di un contatto di cui ancora poteva sentire scorrere la vibrazione e l’effetto che avevano avuto su se stesso...

L’aveva fermata…

Le aveva ricacciato in gola le parole, la voce, il disprezzo di volerlo lontano da se...

 

Aveva intuito il respiro di lei, sotto di se, secco e veloce, impaurito.

L’aveva intuito ed il colpo era stato terribile…

Ascoltare il proprio amore disperso nella paura della donna che amava…

Ora respirava quel respiro secco, quasi perso, che si era tramutato in gemito, forse imprigionato nelle labbra…

Un gemito trattenuto e scivolato via attraverso la pelle sottile, stretta, morbidamente trattenuta, bagnata di quel bacio aperto ed intenso e caldo.

Le braccia aperte, i polsi ancora stretti, la sua bocca libera…

Quel gemito era divenuto un grido…

 

Lasciami andare…

 

Con tutto il fiato che aveva in gola, con tutta la disperazione che aveva sentito nascere dentro per quel contatto inaspettato, violento e senza scampo Oscar gli aveva urlato di lasciarla andare e che avrebbe chiesto aiuto se non l’avesse lasciata andare…

 

Lui era più forte.

E glielo stava dimostrando…

E lei non avrebbe avuto scampo e non si sarebbe potuta opporre se lui avesse deciso di averla…

Perché era una donna…

Nonostante l’esistenza che lei aveva deciso di perseguire.

Era questo che voleva dimostrarle?

Quel grido riemerse nella mente.

Netto e deciso…

 

Fermati…fermati…fermati…

 

Una disperata richiesta di comprendere chi fosse lui…

Un accorato richiamo al suo essere uomo, forte, potente…

Molto più forte di lei.

Eppure dolce, intenso, assoluto, fragile, dannatamente fragile nel suo intento di averla…

Lui era così.

Non poteva che essere così.

Fermati…

I pugni stretti contro il ricordo più duro, mentre la gola si chiudeva e la disperazione saliva…

 

Le labbra s’inarcarono in una smorfia di disgusto, verso se stesso…

Non ci voleva credere André di essere arrivato a tanto.

Faceva troppo male…

Si, perché in quel momento l’unica cosa che gli era passata per la testa era che voleva farla tacere, voleva che lei smettesse di dirglielo di fermarsi…

Lui lo sapeva già di essersi spinto oltre e che nulla avrebbe mai cancellato ciò che stava accadendo.

L’anima si era macchiata e si era dannata…

Per sempre.

In un istante.

Ma l’anima voleva avere di più, voleva proseguire imboccando quel maledetto sentiero…

Per avere lei…

E l’anima non si dava pace e combatteva, contro se stessa…

Una lotta impari…

Il desiderio assoluto, soffocato e macerato per vent’anni, contro l’innato bene per lei scorso in quegli stessi anni…

 

In quel momento ricordò di aver afferrato il lembo della camicia di Oscar e di averlo tirato con tutta la forza che aveva…

Il silenzio interrotto dal respiro di lei si era colmato del rumore secco ed immediato dello strappo, non greve eppure capace di gelare la voce di lei, di spegnerla, nel dubbio di ciò che sarebbe potuto accadere da quel momento in poi.

Un rumore asciutto, un effetto dirompente…

Era ciò che voleva André.

Farla smettere…

E fermare se stesso…

 

Il lembo di stoffa, morbido e distrutto e trascinato via era scivolato nel cono dello sguardo, nel buio della stanza.

André si era scostato un poco, quel tanto che era bastato per allontanarsi da lei e così arrivare a ferirla, ancora più a fondo, ancora di più, con lo sguardo, su di lei, sulla pelle di lei nuda, bianca, morbida, aperta di fronte allo sguardo…

André l’aveva guardata questa volta, incredulo lui stesso e nelle orecchie l’eco dello strappo, intenso, più di quanto lui avrebbe mai potuto immaginare.

L’aveva ferita ancora di più, indugiando sulla pelle nuda, debole, esposta, indifesa…

Come adesso era Oscar…

Incapace di sostenere lo sguardo di lui, incapace di cedere al pensiero che lui non si sarebbe fermato…

E che loro non sarebbero esistiti mai più.

 

Andrè la rivide, in quel momento, mentre la luce abbagliava forzando lo sguardo a distogliersi per non restare ferito ed accecato.

André la rivide Oscar e davvero gli parve di aver scorto il tremore nei muscoli e nella voce…

Lei aveva scostato il viso, non era più riuscita a sostenere il suo sguardo, mentre le lacrime avevano iniziato a rigare le guance, ad incrinare la voce che pure gli era sembrata severa, cupa, della stessa severità di sempre, quasi lei avesse intuito di non avere scampo, quasi a volersi piegare per tempo al dolore di una ferita che avrebbe squarciato la carne e distrutto l’esistenza per sempre…

Oscar tremava…

 

Quello non poteva essere amore…

Quello non era amore…

André se lo disse, maledicendo se stesso infinite volte.

 

L’aria fredda era scivolata sulla pelle…

Quel combattimento non era ancora finito.

Nessuna resa...

“Bene e adesso…e adesso cosa vorresti farmi André? Che cosa vuoi provare?” – gli aveva chiesto lei, le labbra quasi serrate, il corpo teso…

Quel combattimento non era ancora finito.

 

Quello non era amore - si ripeté André.

Non era così che volevo averti, che avrei voluto averti ed amarti….

Cosa avrei potuto farti?

Io non riesco nemmeno ad immaginare che avrei potuto farti del male…

Eppure volevo fermati prima che tu te ne andassi da me.

Volevo fermarti, volevo che tu comprendessi chi ero e cosa sentivo…

La mia disperazione, il mio amore ti saranno apparsi come una folle tempesta, inarrestabile e mortale, capace di portarsi via tutto, anche ciò che siamo stati l’uno per l’altra…

Il mio amore…

Il mio amore per te…

Ne porterai per sempre la ferita, dentro di te…

 

“Perdonami Oscar…giuro su Dio che non ti farò mai più una cosa del genere…”.

Le parole erano uscite soffocate, dolenti, intrise delle lacrime che avevano chiuso la gola e spento per sempre l’audacia di quella follia.

La mano si era mossa piano a compiere quel gesto di compassione tanto agognato forse nella mente di entrambi, per non perdere se stessi e per non perdersi.

André l’aveva coperta, con il lenzuolo, abbassando lo sguardo mentre la rabbia abbandonava i muscoli.

Il rimorso e con esso la paura prendevano il sopravvento, portandosi via tutto…

Il loro passato, il presente…

Il futuro…

 

Poche parole, mentre André si era voltato ed era ritornato verso la porta. Nelle mani chiuse il ricordo dei polsi di lei, nello sguardo il ricordo dello stupore e della paura e della rabbia di lei…

“Una rosa non potrà mai essere un lillà…” – ripeté piano.

 

André voleva solo che lei sapesse chi era stata per lui in tutti quegli anni…

Una rosa…

Era quello che lui voleva dirle…

Lei era stata la sua rosa…

E lei non avrebbe mai potuto essere altro per lui, solo per lui.

“Oscar sarà impossibile che tu diventi qualcun altro. Per vent’anni tu sei stata l’unica a cui ho pensato. Io ti amo Oscar. No…non ho potuto non amarti…più di chiunque altro…”.

 

Era questo dunque ciò che lei significava per lui…

Essere una rosa, esserlo per sempre.

Essere una donna ed esserlo per sempre, qualsiasi fosse stata la sua vita.

Questo non si sarebbe mai potuto cancellare…

 

Non era affetto ciò che André provava per lei…

Era diverso.

Non era affetto quello…

Era ciò che lei non sapeva e che non aveva mai immaginato.

Era questo che faceva più male…

Amare senza che nemmeno lei se ne fosse mai accorta.

 

Ecco allora…

Ecco perché l’ho fatto…

Solo per questo…

Per me era tutto.

Ed ora era diventato niente.

 

André si alzò e si sedette sul letto.

Si tolse la camicia, lasciandola scivolare giù, ascoltando il fruscio lieve e soffocato del tessuto.

Un’ultima immagine di lei su di se, intuita e poi impressa sotto le dita…

La consistenza di lei da sempre nascosta e chiusa dentro l’uniforme, la sua pelle liscia e bianca, segreta eppure immaginata, i capelli morbidi e lucenti, un poco scompigliati…

Il respiro veloce…

Quella era lei.

I suoi seni…

Piccoli forse…

Anch’essi immaginati e poi solo sfiorati in quegli istanti di follia.

André non avrebbe mai potuto spingersi oltre…

Non avrebbe mai potuto farle del male.

Ma alla fine era ciò che aveva fatto.

Aveva svelato la fragilità di Oscar, rivelando la sua debolezza…

Aveva mostrato il proprio amore per lei, arrogante e disperato.

Tutto questo l’aveva detto ad Oscar.

 

Oscar era una donna…una rosa…la sua rosa…

 

E lui aveva reciso quel fiore spezzando di netto l’esile stelo che lo sorreggeva…

 

Si diresse verso il camino a passi lenti.

Ravvivò la brace rossa, sotto la cenere, che subito aggredì e consumò i resti di un piccolo pezzo di legno roso dal fuoco…

André aveva fatto la stessa cosa, in fondo.

Il suo desiderio si era rivelato come brace incandescente su di lei e l’aveva avvolta, bruciando dentro di lei e trasformando, nell’attimo di un bacio, le loro vite consumate e ridotte in cenere.

Un bacio di rabbia e disperazione.

Il suo primo bacio.

Aveva immaginato mille volte come sarebbe stato baciarla…

E prendere quelle labbra e chiuderle nelle sue e prenderle il respiro ed il calore della bocca…

Entrare in lei…

 

Lo sguardo corse lungo la linea chiara del sole ormai sorto che conduceva verso la finestra.

Si alzò dirigendosi verso di essa e scostando le tende leggere.

La vide mentre a passo lento usciva dalla stalla e montava a cavallo e spariva, in un guizzo, dalla vista ormai incapace di tenere il passo di lei.

 

Si, a quel punto era veramente libero…

Oscar adesso sapeva chi era.

E chi era stata per lui.

Tutto si era compiuto e adesso lui era libero e la sua vita non sarebbe mai più tornata ad essere quella di un tempo.

Mai più.

Qualsiasi cosa sarebbe accaduta.

 

Tu sarai sempre una rosa.

Sempre e per sempre.

Non sarai mai un lillà.

Non per me…

Non per me.

 

 

 

 

     


                     





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