FanFiction Lady Oscar | La leonessa di Francia di Agrifoglio | FanFiction Zone

 

  La leonessa di Francia

         

 

  

  

  

  

La leonessa di Francia ●●●●● (Letta 2451 volte)

di Agrifoglio 

35 capitoli (in corso) - 52 commenti - 1 seguace - Per tutti

    

 

Sezione:

Anime e MangaLady Oscar

Genere:

Avventura - Storico - Epico - Azione

Annotazioni:

What If

Protagonisti:

Oscar François de Jarjayes - Andre' Grandier - Tutti

Coppie:

Oscar François de Jarjayes/Andre' Grandier (Tipo di coppia «Het»)

 

 

              

  


  

 La vergine guerriera, la menade e lo scudiero 

 


  

La vergine guerriera, la menade e lo scudiero 
 
I viali frondosi dei boschetti di Versailles, alle otto del mattino, già risuonavano delle voci gaie e spensierate di vari cortigiani cui facevano da sottofondo il cinguettio degli uccelli, il frinire dei grilli e delle cicale e il gorgoglio degli zampilli delle fontane.
La situazione economica e politica, a metà luglio del 1788, era già delicata, sebbene non del tutto compromessa e i Sovrani avevano deciso di organizzare una giornata di intrattenimento, comprensiva di una passeggiata mattutina nei giardini della reggia, di un concerto per archi nel pomeriggio e di un banchetto serale danzante, al fine di dare ai nobili la sensazione che tutto fosse sotto controllo.
L’aria era ancora fresca, in quell’ora mattutina e una gradevole brezza che, di tanto in tanto, agitava le fronde e increspava la superficie delle fontane lasciava sperare che, nonostante l’estate risplendesse, ormai, nel pieno del suo fulgore, la passeggiata sarebbe stata piacevole.
Il percorso sarebbe partito dal Parterre du Midi, un’ampia distesa di ghiaia, sorvegliata da due severe sfingi di marmo bianchissimo, cavalcate da due putti di bronzo dorato. La superficie ghiaiosa avvolgeva specchi d’acqua artificiali, alberi conici e aiuole geometriche dalle quali spuntavano fiori variopinti di varie specie. L’area era delimitata da una balaustra di pietra affacciata sull’Orangerie, un complesso di tre gallerie che ospitava centinaia di piante in vaso, provenienti dai paesi più caldi: aranci, limoni, melograni e palme. Da maggio a ottobre, i grandi vasi erano trasportati dall’interno al piazzale antistante la struttura, il così detto Parterre Bas, offrendo a coloro che si fossero affacciati alla balaustra o che avessero deciso di scendere dalla scalinata una vista, per l’epoca, fuori dal comune.
Dal Parterre du Midi, la passeggiata si sarebbe spostata nei boschetti della reggia, ritenuti più idonei del Grand Canal a riparare la corte dal caldo estivo. Erano stati predisposti vari padiglioni, destinati a ospitare tavolini ricolmi di frutta e di pasticcini e anche alcuni musicisti che avrebbero allietato, con la loro maestria, quelle ore di svago. Le numerose fontane che adornavano i boschetti avrebbero rallegrato i nobili con i loro giochi d’acqua, offrendo anche un gradito sollievo dalla calura.
Oscar, nel suo nuovo ruolo di Comandante Supremo delle Guardie Reali, era intenta a pattugliare, insieme a Girodel, i viali, le piazzuole, le grotte e le stradine che avrebbero costituito o affiancato il percorso della comitiva.
– Sono inquieto, Comandante – disse Girodel – Ho notato diversi estranei nei giardini della reggia.
– Si tratterà di persone curiose di assistere a un evento mondano. E’ un modo come un altro per ingannare la noia – rispose Oscar.
Versailles era, infatti, aperta al pubblico e non era infrequente imbattersi, nei corridoi o nei giardini, in persone di tutte le estrazioni sociali, desiderose di assistere a eventi importanti, come matrimoni e nascite o ai rituali giornalieri che scandivano la vita pubblica del Re e della Regina.
– Ci sono degli indizi che mi hanno fatto sorgere dei sospetti – obiettò Girodel – Alcuni uomini sembravano piuttosto accigliati e nervosi e taluni, per quanto camminassero da soli o in compagnia di loro conoscenti, parevano lanciare dei segni d’intesa ad altre persone che facevano parte di gruppi diversi e apparentemente estranei. Ci sono moltissimi uomini mentre, in genere, questo tipo di eventi attrae principalmente le donne e ho anche notato delle strane tracce, nella ghiaia e nelle parti sterrate.
– Bisogna prestare la massima attenzione – disse Oscar, per nulla confortata da quelle notizie e reprimendo dei colpi di tosse.
Gli orologi segnavano le nove del mattino, quando i Sovrani, che avevano rinunciato al loro grand e petit lever, si unirono ai cortigiani nel Parterre du Midi
Dopo circa mezz’ora, il corteo si mise in moto in direzione dei boschetti.
Il Re, abbandonato, per un giorno, il suo abituale abbigliamento semplice e scuro, aveva indossato una marsina e un gilet di seta bianchi, ricamati con decorazioni dorate e delle calze e delle culottes altrettanto candide. Una grande fascia di seta blu correva trasversalmente sulla marsina e dei grossi brillanti ornavano le fibbie delle scarpe, il copricapo a tricorno e il jabot di pizzo.
La Regina aveva raggiunto un compromesso fra gli abiti sfarzosi e i pouf mirabolanti della sua gioventù e le semplicissime chemises à la reine o gaulles del periodo successivo alle maternità, indossando un’elegante andrienne di seta, color rosa pastello, ornata da increspature a spirale e una sottogonna di seta bianca pure increspata. Sul capo, aveva adagiato un cappellino di paglia, abbellito da un grande fiocco rosa, da vaporose piume bianche e da qualche rosellina gialla, inframmezzata da foglie verdi. A completare l’eleganza, concorrevano una collana, due orecchini e un anello, tutti di corallo pelle d’angelo e brillanti. 
Dei Principini, era presente soltanto Madame Royale, altera nel suo abito giallo oro mentre i due maschi erano rimasti nei loro appartamenti, uno perché troppo piccolo, l’altro perché troppo malato.
Completavano la famiglia reale i Conti di Provenza e di Artois, con le loro poco avvenenti consorti e l’incantevole Madame Élisabeth, soave e delicata in un completo di seta azzurro chiaro, ornato da pizzi.
Spiccavano, poi, per eleganza, le dame di corte, fra le quali si notavano la Principessa di Lamballe, con un bel vestito color glicine, delle grandi perle al collo e un cappellino di paglia ornato con glicini di stoffa; Mademoiselle de Chambord, bellissima con un abito di seta color pesca, già appartenuto a Maria Antonietta e Madame de Jarjayes, con al collo una collana di perle, brillanti e smeraldi e abbigliata con un’andrienne di seta damascata chiara, ornata da due fasce increspate, verticali e ricamata con motivi raffiguranti dei grandi tralci di fiori rosa e azzurri e di foglie verdi. Le tre gentildonne, che andavano molto d’accordo fra loro, si consultavano spesso, al fine di prevenire ogni necessità o desiderio della Regina.
Discoste dalle altre dame, camminavano, una di fianco all’altra, Madame de Polignac, in giallo e sua figlia Aglaé, Duchessa de Gramont et de Guiche, in arancione, seguite dai rispettivi mariti.
Faceva parte della comitiva anche il Conte di Compiègne, sempre impeccabile in un elegantissimo completo turchese bordato d’oro, che affiancava il Generale de Jarjayes al quale rivolgeva la parola da circa venti minuti. La conversazione – che sarebbe stato più corretto definire un monologo – sembrava destinata a durare a lungo, poiché l’aitante nobiluomo non era minimamente intenzionato a rendere la libertà a colui che già considerava il suo futuro suocero, il quale, dal canto suo, non amando le persone troppo fatue e loquaci, si guardava nervosamente intorno alla ricerca di una via di fuga.
Fra gli uomini, rifulgeva, come sempre, il Conte di Fersen, splendido in culottes e marsina rosso bruno e gilet e calze oro antico. Si teneva prudenzialmente lontano dalla Regina e al di fuori della sfera visiva di lei.
Il Duca di Germain risaltava per opulenza e alterigia mentre il Duca d’Orléans brillava per la sua assenza. 
Oscar, con la sua nuova divisa color turchese da Comandante Supremo delle Guardie Reali, sulla quale risaltavano spalline, alamari e cordoni dorati ed erano appuntate la Croce dell’Ordine di San Luigi e le altre medaglie da lei conquistate, superava tutti in nobiltà e fierezza. Gli occhi di lei, di qualche tono più scuri della divisa, saettavano nervosi in una direzione e nell’altra, pronti a cogliere il minimo movimento che fosse indice di pericolo o soltanto di anomalia.
La gente chiacchierava, rideva, si divertiva. Alcuni cercavano di stare al centro dell’attenzione per pura vanità mentre i più erano spinti a mettersi in mostra dall’esigenza di ricavarne un tornaconto. Vari cortigiani, infatti, tentavano di avvicinare i reali per ottenere delle cariche o dei favori, col risultato di essere allontanati come la peste dalla Regina. Le madri ostentavano le figlie da marito, combattendo una guerra senza esclusione di colpi contro le altre donne che avevano l’ardire di esibire delle fanciulle tanto laide e sgraziate, se confrontate alle loro creature. Ognuna di loro si comportava come se la propria ragazza fosse stata la più bella e la più meritevole di contrarre un brillante matrimonio, con la cieca parzialità che anima quasi tutte le genitrici. Diversi gentiluomini, primo fra tutti il Conte di Compiègne, erano a caccia di ragazze da marito munite di doti sostanziose o di ricche vedove e tutti, indifferentemente, si comportavano come se il matrimonio fosse stato l’ultimo dei loro pensieri. Vi era chi, invece, pensava al divertimento puro e giocava a rincorrersi oppure si dedicava ad altri passatempi di società e c’era anche chi accennava dei passi di danza, seguendo le melodie dei musicisti. Erano state predisposte varie altalene, legando ai rami degli alberi delle funi intorno alle quali erano stati avvolti dei tralci di foglie e di fiori e alcuni giovani nobili facevano oscillare i sedili sui quali erano adagiate delle graziose damigelle.
A un certo punto, tutti i musicisti tacquero e la Regina si cimentò in un assolo con l’arpa. Al termine dell’esibizione, fu vigorosamente applaudita dai cortigiani che non dovettero darsi un’eccessiva pena di fingere, dato che Maria Antonietta studiava con profitto la musica, in generale a l’arpa, in particolare, sin dalla primissima giovinezza.
Nel cielo o nei bacini d’acqua più grandi, facevano splendida mostra di sé degli eleganti cigni reali. Alcuni di loro nuotavano da soli mentre altri erano seguiti dai loro pulcini o li trasportavano sul dorso. Di tanto in tanto, nei viali, spuntavano dei magnifici pavoni o dei variopinti fagiani che scrutavano gli umani con curiosa attenzione e senza farsi avvicinare. Un occhio attento avrebbe potuto scorgere alcuni agili e simpatici scoiattoli correre e saltare sui rami degli alberi o avventurarsi sul terreno, in cerca di ghiande e di altri tipi di cibo.
Le Guardie Reali avevano formato dei cordoni per impedire alla gente comune di avvicinarsi e, su indicazione di Oscar e di Girodel, mantenevano la massima allerta, prestando attenzione a ogni minimo rumore sospetto. Distinguere i suoni non era, però, semplice, in quanto il chiacchierio aveva raggiunto livelli elevati e diverse risate scoppiavano improvvise in vari angoli dei boschetti, causate dalle storie divertenti narrate da un gentiluomo o dall’irriverenza di un altro che, entrato in una fontana, aveva deviato i giochi d’acqua, irrorando alcune compiacenti fanciulle. In sottofondo, si udivano gli archi, i flauti e le arpe che si mescolavano alla melodia naturale degli uccelli, dei grilli e delle cicale, in modo da comporre un quadro arcadico in cui uomo e natura si fondevano mirabilmente.
Numerosi valletti si aggiravano fra i gruppi di cortigiani, recando in mano vassoi d’argento carichi di ciliegie, albicocche, fragoline di serra e frutta esotica oppure di macarons, amaretti, meringhe, pasticcini variamente assortiti e coppette di panna. Vi erano anche i servitori addetti alle bevande che portavano calici di champagne, limonate, aranciate e caraffe di latte alla menta. Particolarmente graditi erano i gelati e le granite e, ovviamente, non mancavano le brocche di acqua di sorgente, per chi desiderava bere soltanto quella oppure avvertiva l’esigenza di rinfrescarsi, ma non voleva avvicinarsi alle fontane per non bagnarsi gli abiti. Maria Antonietta aveva dato ordine di portare acqua e latte anche alla gente comune che assisteva alla promenade e di rifocillarla con croissants e brioches.
Oscar guardava l’allegra e solare comitiva e non poteva fare a meno di pensare che essa rappresentava tutto ciò che il suo mondo antico e quel secolo morente avevano ancora da offrire all’umanità: spensieratezza, gioia di vivere, armonia con la natura e bellezza.
 
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Oscar era ancora assorta in queste riflessioni, quando fu richiamata alla realtà e alle ragioni della sua presenza lì dal rumore secco di un ramo spezzato. Nel tentativo di rintracciare la fonte del suono, scorse un uomo che camminava speditamente in direzione opposta a quella di lei. Decise di seguirlo, portando con sé tre Guardie Reali e, nel pedinarlo, capì che era diretto verso una grotta artificiale, solcata da una cascata. Ingiunse, quindi, all’uomo di fermarsi, ma quello si mise a correre all’impazzata, costringendo lei e le Guardie Reali a inseguirlo con pari velocità, finché, con un agile e rapido balzo in avanti, non riuscì a buttare a terra il fuggitivo mentre le Guardie Reali gli piombavano addosso, catturandolo.
– Cosa intendevi fare? Perché stavi fuggendo? Parla! – gli chiese Oscar, con voce alta e imperiosa – Non vuoi rispondere? Allora, andiamo insieme dove ti stavi dirigendo tu!
Entrò difilato nella grotta, seguita dalle tre Guardie Reali che, intanto, avevano incatenato l’uomo e lo costringevano a precederle, a spinte e strattoni.
Ciò che c’era all’interno stupì tutti ad eccezione del prigioniero. Fucili, pistole, pugnali e spade, insieme a munizioni e polveri da sparo, erano stati collocati lì, in attesa di essere prelevati e impugnati per qualche losco fine, quasi sicuramente un attentato ai danni della famiglia reale e dei cortigiani presenti alla passeggiata. Il luogo era stato scelto con cura, perché la grotta era abbastanza capiente da nascondere tutte quelle armi e il rumore della cascata era l’ideale per coprire il tramestio dei malintenzionati.
– de Marillac, du Muriel, portate quest’uomo in prigione e interrogatelo. Fate arrivare qui venti Guardie nascoste all’interno di un carro coperto, requisito a dei fornitori e guidato da un mozzo di stalla. Mandatene cinquanta, alla spicciolata e senza dare nell’occhio, di rinforzo a quelle di servizio nei boschetti. 
Si rivolse, poi, all’unica Guardia Reale che era rimasta con lei:
– de Toulouse, portatemi immediatamente qui il Colonnello de Girodel e il Tenente de Clairmont.
 
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In quella stessa mattina di metà luglio, André era seduto al tavolino di una terrazza di Palazzo Jarjayes, ombreggiata ed esposta alla brezza e, dopo avere esaminato attentamente alcune carte trasmessegli da Monsieur Roland, aveva iniziato a leggere dei testi di agraria. Alcuni libri già si trovavano nella biblioteca di palazzo mentre altri li aveva acquistati o ordinati. Era intenzione del giovane crearsi una vasta cultura sull’argomento, al fine di capire quali fossero le colture adatte in base ai terreni, al clima e alla latitudine e quali i metodi di coltivazione consigliati, i rimedi più efficaci contro i parassiti e i macchinari all’avanguardia.
Quel nuovo incarico gli riempiva le giornate, tenendolo lontano dai pensieri molesti e facendolo sentire nuovamente apprezzato e utile. Si impegnava fino allo stremo delle forze, ricacciando indietro un dolore che, altrimenti, lo avrebbe divorato senza che egli avesse la possibilità di influire sulla causa e sugli effetti di esso. Si sforzava di ricordare se stesso da ragazzo e di riappropriarsi delle motivazioni iniziali, della purezza, dell’entusiasmo e della freschezza che gli avevano reso mille volte più leggero il cuore prima che la vita lo facesse smarrire per sentieri impervi e irti di spine. Cercava di capire come era stato e di ripartire da lì.
Era intento a leggere, quando scorse, in lontananza, un uomo con la divisa da soldato che cavalcava all’impazzata verso il palazzo. Non tardò a riconoscere, nella sagoma che si faceva sempre più grande, i tratti del suo amico Alain e, sulle prime, si alzò per andargli incontro. Subito dopo, però, fu colto dal sospetto che l’amico lo stesse cercando per ricominciare a perorare la causa della sorella e questo pensiero gli procurò un vivo fastidio. Bisognava dare atto ad Alain che la determinazione non gli faceva certo difetto, ma, purtroppo, questa dote non era temperata dal senso della misura e dell’opportunità. Gli dispiaceva per Diane, nel cui amore non corrisposto egli si rispecchiava perfettamente, ma non voleva illuderla né rimanere invischiato in una storia senza esito alcuno. Fu, in un primo momento, tentato di rendersi irreperibile, ma, poi, pensò che Alain, per quanto insistente e fastidioso, si era sempre dimostrato un buon amico e non meritava un tale trattamento. Decise, perciò, di andargli incontro e di affrontare, una volta per tutte, la questione. Quando Alain fu abbastanza vicino da poterne distinguere i tratti e l’espressione del volto, fu chiaro ad André che la vera ragione di quella visita non poteva essere Diane. L’amico era troppo agitato per avere in mente una semplice faccenda di cuore e tutti i movimenti ne tradivano l’enorme concitazione. Corse verso di lui e lo salutò mentre quello scendeva da cavallo.
– André, presto, devo parlare col Comandante, subito!
– E’ in servizio a Versailles, dove ha luogo un importante ritrovo mondano cui partecipano i Reali e l’intera corte. Presenziano anche il Generale e la Contessa e, pertanto, non posso farti parlare con alcuno dei padroni di casa.
– Maledizione! Devi sapere che, un paio di giorni fa, mi sono imbattuto in un’agitatrice di prim’ordine, tale Anne Joseph Terwagne, di nascita belga, detta Théroigne de Méricourt. Le ho messo dietro la nostra rete di spie e queste mi hanno riferito, circa un’ora fa, che ha radunato un branco di esaltati, con il quale intende piombare addosso ai Reali e alla corte e massacrarli tutti! L’attentato è previsto per questa mattina, nei boschetti della reggia. Nei giorni scorsi, avvalendosi della complicità di qualche personaggio illustre e confondendosi coi fornitori, hanno portato, nei giardini della reggia, delle armi, trasportandole in carri coperti o in ceste di vimini e le hanno nascoste dentro alcune grotte, in buche scavate nel terreno, in mezzo ai cespugli o, addirittura, sui rami degli alberi. Questa giovane, piuttosto esaltata e smaniosa, ce l’ha con la Regina per una questione risalente al mese scorso ed è riuscita a mettere insieme, in pochi giorni, una banda di folli e di perdigiorno, aizzandoli contro tutta la corte!
– Oh, no, Alain, è terribile! Sai per quale ora è pianificato l’attacco?
– No, amico, purtroppo, non me lo hanno saputo dire….
– Devo correre subito là! Devo avvertire Oscar, sperando che non sia troppo tardi!
– André, io non posso accompagnarti, mi dispiace. Fra un’ora, inizierà il mio turno di guardia.
– Non preoccuparti, Alain, sei stato eccezionale!
Il grosso soldato si voltò per rimontare a cavallo, quando André lo richiamò.
– Alain…. Grazie!
Alain gli strizzò l’occhio e se ne andò.
André si diresse come un fulmine nella sua stanza dove afferrò la spada, le pistole, le polveri e le munizioni. Scese, poi, a rotta di collo, nelle scuderie e, balzato in groppa al suo cavallo che aveva fatto sellare da un garzone, impartendogli l’ordine prima di salire in camera, galoppò velocissimo in direzione della reggia.
 
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Il Colonnello de Girodel e il Tenente de Clairmont impiegarono circa quindici minuti a raggiungere Oscar nella piccola radura davanti alla grotta artificiale. Dopo un’altra decina di minuti, arrivò anche il carro coperto requisito a uno dei fornitori, dove erano stipate venti Guardie Reali.
– Guardie Reali – disse Oscar, con voce decisa e chiara – Prendete tutte le armi, le polveri e le munizioni che sono nella grotta, mettetele nel carro e portatele nel nostro acquartieramento. Fate più velocemente che potete. Alla fine delle operazioni di carico, quindici Guardie rimarranno di guardia alla grotta e altre cinque torneranno nei nostri quartieri, ben nascoste all’interno del carro. Che sia visibile, dall’esterno, soltanto il mozzo di stalla alla guida. Vi ordino tassativamente di seguire, nella via del ritorno, lo stesso percorso battuto dai fornitori delle vivande. Appena tornati nei nostri quartieri, mandatemi qualcuno che mi riferisca gli esiti dell’interrogatorio del prigioniero. Avete capito?   
– Sì, Comandante!
– Il Colonnello de Girodel e io torneremo a presidiare la zona dove è riunita la corte. Tenente de Clairmont, assumete il comando e, quando saranno terminate le operazioni di carico, rimanete a sorvegliare la grotta insieme alle altre quindici Guardie. Se qualcuno attaccherà, difendete strenuamente la grotta come se essa contenesse ancora le armi.
– Sì, Comandante!
Oscar e Girodel tornarono, quasi di corsa, nei luoghi dove erano riuniti i cortigiani. Strada facendo, Girodel osservò:
– Sarà una bella fortuna se riusciremo a sottrarre tutte quelle armi ai facinorosi sotto al loro naso!
– Le armi non sono poche, ma neanche tantissime e venti Guardie dovrebbero fare presto. Il rumore della cascata, che avrebbe dovuto coprire il tramestio dei cospiratori, renderà lo stesso servizio anche a noi.
L’idea di Oscar era di camuffare il trasporto delle armi alla reggia da normale operazione di rifornimento di vivande dalle cucine ai padiglioni situati nei boschetti e di far credere ai cospiratori che le armi fossero ancora nella grotta. Un carro in movimento era, infatti, molto più difficile da proteggere di una cavità rocciosa inamovibile. Se l’inganno fosse riuscito, i facinorosi, credendo che le armi fossero ancora custodite nell’antro e vedendo questo presidiato dalle Guardie, avrebbero desistito dal piano oppure avrebbero attaccato la grotta per riprendersi le armi, disperdendo l’offensiva su due fronti. In tal modo, l’assalto alla famiglia reale e alla corte sarebbe stato evitato o depotenziato.
– Comandante, credete che tutte le armi siano state trovate?
– Non lo so, Colonnello. Appena saremo tornati nel luogo del ritrovo mondano, Voi, per prima cosa, farete salire il Re, la Regina, Madame Royale e il resto della famiglia reale su uno dei carri coperti destinati al trasporto delle vivande, vi salirete anche Voi con altre dieci Guardie Reali e li scorterete alla reggia. Quando sarete già lontani, io provvederò a evacuare il resto della corte. Se, disgraziatamente, l’attacco dovesse essere sferrato prima che ci fossimo così organizzati, le Guardie dovranno schierarsi in modo da formare dei cerchi difensivi, all’interno dei quali saranno collocati dei gruppi di cortigiani e di gente del popolo. Noi due non perderemo di vista la famiglia reale. Tutto chiaro?
– Sì, Comandante!
 
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André galoppava come un forsennato alla volta della reggia, spronando il cavallo quasi fosse stato inseguito dal principe delle tenebre e da tutte le schiere infernali.
Il destriero, giovane e bene addestrato, essendo molto affezionato al suo padrone, ne eseguiva gli ordini con coraggio, abnegazione, impeto e forza.
– Mancano ancora dieci minuti!
Calcolava mentalmente il tempo che lo separava dalla reggia, in un tremendo e angosciante conto alla rovescia.
– Arrivato lì, perderò altro tempo per raggiungere i boschetti! Dannati ritrovi mondani!
Nella mente del giovane, i pensieri turbinavano violenti e terribili, come le Erinni che avevano perseguitato Oreste dopo il matricidio.
– Se non facessi in tempo?
Si raffigurò mentalmente Oscar assediata dalla banda di forsennati capitanata da quell’agitatrice esaltata, presa alla sprovvista mentre era intenta a fare la guardia….
– Non c’è “se” che tenga! Devo fare in tempo!
Il vento gli schiaffeggiava il volto, facendogli lacrimare gli occhi.   
– Mancano ancora cinque minuti!
Il cavallo respirava affannosamente, ma non voleva deludere le aspettative del suo padrone.
– Devo arrivare in tempo!
La reggia diventava sempre più grande agli occhi di lui, di nuovo avvezzi alla luce.
– Dio non permetterà che le accada qualcosa di male! Devo proteggerla! Signore, proteggetela!
Annusava il sudore suo e del cavallo ormai mischiati, mangiava la polvere, innalzava al cielo una muta e concitata preghiera….
– Se non arrivassi in tempo?
 
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Oscar e Girodel erano rapidamente tornati nel luogo dove era radunata la corte e si stavano preparando ad agire come stabilito. 
Oscar scrutò il gruppo alla ricerca di sua madre, decisa a non perderla di vista per un solo istante.
Alcuni agitatori, nel frattempo, si erano avvicinati alla grotta artificiale, subito dopo che il carro se ne era allontanato e, avendola trovata presidiata dalle Guardie, avevano creduto che le armi fossero ancora là. Recuperate, in fretta e furia, le armi celate negli altri nascondigli e chiamati a raccolta tutti i loro compari, nascosti in vari punti del parco, interpellarono Théroigne de Méricourt sul da farsi. La fiera belga, contenendo a stento l’ira per l’alterazione subita dal piano originario, così come Oscar aveva previsto, stabilì che una parte degli uomini da lei comandati avrebbe attaccato le Guardie lasciate all’entrata della grotta mentre un’altra si sarebbe diretta nel luogo della promenade.
Molte delle armi nemiche erano state requisite e le forze avversarie si erano divise, ma il pericolo che incombeva su Oscar e sulle persone da lei protette era ancora grave e imminente, perché gli assalitori erano degli sbandati agguerritissimi che nulla avevano da perdere e la donna che li comandava superava tutti in violenza e follia.
Girodel si stava avvicinando alla coppia reale per invitarla a salire su un carro, quando, all’improvviso, delle urla scomposte e dei rumori di gente che correva annunciarono che l’assalto era iniziato. Oscar mise mano, d’istinto, all’elsa della spada e ordinò a Girodel di proteggere il Re mentre lei avrebbe sorvegliato l’incolumità della Regina e di Madame Royale.
– Uomini – ingiunse, poi, al resto delle Guardie Reali – Formate dei cerchi o dei semicerchi intorno ai civili e proteggeteli dagli assalti!
Le sagome degli assalitori apparvero, presto, nitide a tutti. Si trattava di gente scarmigliata ed esaltata, abbigliata senza culottes, ma con pantaloni che scendevano sotto ai polpacci e raggiungevano le caviglie. Gli uomini sembravano delle belve feroci che, degli animali, avevano dismesso la nobiltà e la fierezza, conservando soltanto la bestialità. Le poche donne presenti erano meno massicce e nerborute degli uomini, ma compensavano in follia. In testa a tutti, correva una menade furiosa e urlante che agitava una sciabola in aria, incitando i suoi seguaci all’attacco.
– A morte l’austriaca! A morte i nobili!
Nel giro di pochi istanti, il terrore si impossessò dei presenti e delle alte grida di disperazione si diffusero nell’aria. I soldati cercavano di convincere i civili a mantenere la calma e a rimanere sotto la loro protezione, come aveva ingiunto il Comandante, ma la tentazione di cercare la salvezza nella fuga era troppo forte, soprattutto fra i popolani, meno inclini dei nobili a fidarsi delle Guardie Reali e resi edotti, dalle urla di quella furia rosso fuoco, che il bersaglio degli assalitori erano gli aristocratici e non loro.
I boschetti, prima allietati dalla musica, dal canto degli uccelli e dalle voci gaie dei cortigiani, cominciarono a risuonare dei clangori delle spade e dei gemiti dei primi feriti.
Il Re aveva messo mano alla spada per difendere la sua famiglia, ma, poco esperto nell’uso delle armi, si era sbilanciato troppo in avanti ed era scivolato. Impossibilitato a rimettersi in piedi con destrezza a causa della pinguedine, era stato salvato da una morte certa dalla prontezza di spirito di Girodel che aveva ucciso, in poche mosse, l’assalitore, uno spadaccino ancora meno esperto di Sua Maestà.
A una decina di passi dal marito, Maria Antonietta faceva scudo, col proprio corpo, a Madame Royale ed era affiancata da Madame Élisabeth che, pur avendo compreso che il primo obiettivo degli assalitori era la cognata, non voleva saperne di mettersi in salvo da sola. Dietro di loro, la Principessa di Lamballe, Madame de Jarjayes e Mademoiselle de Chambord erano pallide come cenci lavati, ma mantenevano, con fierezza, il loro posto mentre Madame de Polignac, la figlia Aglaé e i rispettivi mariti si davano alla fuga.
Il Conte di Fersen, diversi passi più avanti a Oscar e alla Regina, combatteva con maestria ed eleganza, cercando di evitare che gli assalitori si avvicinassero all’amata. Il Conte di Compiègne sembrava, invece, molto indeciso se cercare la salvezza nascosto dietro a un albero o acquattato in mezzo a un cespuglio e, mentre era in preda a tanta incertezza, vide un popolano morto accanto a sé e, recuperatane la casacca, la indossò al posto della sua marsina che aveva gettato nell’erba.
I Conti di Provenza e di Artois cercavano di mettere al riparo le mogli e i figli mentre il Duca di Germain tentava, con scarso successo, di salire su un albero.
Chi stupì tutti per ardimento e fierezza fu il Generale de Jarjayes che, con il coraggio e la forza di un vecchio leone, rintuzzava gli avversari uno a uno, uccidendone e ferendone parecchi.
Oscar combatteva dietro al Conte di Fersen e dieci passi avanti alla Regina e alla cognata di lei. Superava chiunque in agilità e in destrezza tanto che, dopo pochi istanti, riusciva a inquadrare l’avversario, intuendone i punti forti e deboli. Quegli assalitori erano molto rozzi e pessimamente addestrati e molti di loro erano anche ubriachi. Le caratteristiche che li rendevano temibili erano l’estrema aggressività e la compattezza, unite a un effetto sorpresa che andava, però, via via, scemando. Parava, senza troppa difficoltà, i loro attacchi scomposti e grossolani e, appena questi si sbilanciavano, abbassavano la guardia o lasciavano scoperto qualche punto vitale, attaccava con rapidità e precisione e prevaleva.
– Guardie Reali, non disperdetevi! Rompete la potenza dell’attacco con fermezza e determinazione e colpite l’avversario quando rimane scoperto!
Aveva appena terminato di impartire queste istruzioni, quando si trovò faccia a faccia con la menade che guidava gli assalitori. La sguardo fiero e tagliente di Oscar incontrò quello furente e folle dell’avversaria e, all’incrociarsi degli sguardi, seguì, rapido, quello delle spade. La disparità di tecnica, di forza, di agilità e anche di intelligenza fra le due era notevole e Théroigne de Méricourt non tardò ad accorgersene. Siccome la lealtà non era la dote principale della giovane, questa arretrò di qualche passo per sottrarsi alla lama di Oscar, estraendo, subito dopo, una delle due pistole che portava alla cintola e puntandogliela contro. Oscar la disarmò immediatamente con un calcio, ma quella le afferrò il tacco dello stivale e la fece cadere. Simultaneamente, il corpo morto di un attentatore rovinò sulla gamba sinistra di Oscar, provocandole un dolore lancinante. Impossibilitata a rialzarsi subito, si trovò esposta alla furia dell’avversaria che le si avvicinò per finirla e per sgozzare, subito dopo, la Regina che, nel frattempo, lasciata la figlia alle cure della cognata, si era protesa, insieme a Madame de Jarjayes, verso l’amica per tentare di liberarla dal peso del cadavere e di trascinarla in salvo.
Fu proprio in quel momento che André sopraggiunse e, saltato giù da cavallo, si frappose fra i due gruppi di donne, dando uno spintone a Théroigne de Méricourt che fu sbalzata indietro di circa dieci passi. Ciò diede ad André la possibilità di estrarre la spada e di combattere contro la folle baccante. Il giovane tirava di scherma superbamente e l’avversaria capì che neanche contro di lui sarebbe riuscita a prevalere. Stavano duellando a pochi passi da Oscar, dalla madre di lei e dalla Regina, quando André, sopraffatto dalla stanchezza della cavalcata, dal caldo e dalla debolezza lasciatagli addosso dalla lunga convalescenza, vissuta nell’immobilità e nella penombra, iniziò a sudare freddo e ad afflosciarsi. Théroigne de Méricourt ne approfittò per affondare la lama nel petto di lui. Stava per colpirlo, quando Oscar protese il piede destro verso la caviglia di lei che perse l’equilibrio e scivolò. Il fendente fu deviato, ma raggiunse ugualmente il torace di André che, ferito, si portò la mano al petto, cadendo, prima, in ginocchio e, poi, riverso al suolo, col volto sul terreno. Oscar, liberatasi del cadavere, balzò addosso a Théroigne de Méricourt che era distesa a terra, schiaffeggiandola sonoramente e disarmandola. La lasciò subito dopo per precipitarsi da André e rigirarlo supino, al fine di farlo respirare meglio. 
La battaglia, intanto, era terminata sia nei pressi della grotta sia nel luogo del ritrovo mondano e gli assalitori erano stati tutti catturati o uccisi.
Il Conte di Compiègne, che aveva recuperato la sua marsina e gettato via la casacca del popolano morto, si avvicinò a Théroigne de Méricourt e, pochi secondi prima che le Guardie Reali la arrestassero, protese il braccio verso di lei, le puntò un dito contro e le intimò:
– In nome di Dio, Madame, arrendetevi!
Il Duca di Germain, che aveva, da tempo, rinunciato all’idea di arrampicarsi sull’albero, proruppe:
– Questo significa che non ci saranno il banchetto e il ballo?!
Il cavallo di André, vedendo il suo padrone e amico riverso al suolo, nitrì vigorosamente e si impennò.
I musicisti avevano cessato di suonare e anche gli uccelli, spaventati dall’infuriare della battaglia, avevano smesso di cinguettare ed erano volati via. Il silenzio era rotto soltanto dal frinire stridulo e cadenzato delle cicale e dei grilli.
– André, André, che ti è successo?! Come stai?! – urlò Oscar, sotto gli occhi attoniti degli astanti che avevano assistito alla lotta e al ferimento dell’uomo – André, parla, rispondi, non morire!!
Un rivolo di sangue sgorgava dal petto dell’infelice giovane e Oscar, con un fazzoletto, tentava di tamponarlo.
– O…scar… Per….do….na….mi….
Non poté dire altro, perché le tenebre si impadronirono di lui.

 

     


                     





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