FanFiction Lady Oscar | La leonessa di Francia di Agrifoglio | FanFiction Zone

 

  La leonessa di Francia

         

 

  

  

  

  

La leonessa di Francia ●●●●● (Letta 314 volte)

di Agrifoglio 

6 capitoli (in corso) - 6 commenti - 1 seguace - Per tutti

    

 

Sezione:

Anime e MangaLady Oscar

Genere:

Avventura - Storico - Epico - Azione

Annotazioni:

What If

Protagonisti:

Oscar François de Jarjayes - Andre' Grandier - Tutti

Coppie:

Oscar François de Jarjayes/Andre' Grandier (Tipo di coppia «Het»)

 

 

              

  


  

 Crescere 

 


  

Crescere



 



André si svegliò alle dieci del
mattino, con la testa appesantita dai fumi residui della sbornia notturna e con
la nuca ancora dolorante per il colpo ricevuto. Il malvivente che lo aveva
percosso, per fortuna, non aveva ecceduto in violenza e, a parte un bernoccolo,
il giovane non aveva riportato ulteriori conseguenze.



Guardatosi allo specchio, notò un
gran pallore e profonde occhiaie e ciò lo indusse a rinfrescarsi il volto con
dell’acqua attinta dal lavabo, allo scopo di recuperare un po’ di colorito.
Dopo avere provveduto alla propria igiene personale ed essersi abbigliato,
scese in giardino, in un punto che sapeva essere poco frequentato a quell’ora
del giorno.



Seduto su una panchina di pietra
e fissato lo sguardo sulle siepi antistanti, la mente di lui iniziò a vagare
negli infiniti spazi dell’anima.



Oscar era perduta e, anzi, non
gli era mai appartenuta.



Soltanto l’ostinazione mista ad
autolesionismo che lo aveva sempre contraddistinto lo aveva spinto a
perseverare in un inseguimento senza speranza. Era la stessa ostinazione mista
ad autolesionismo che gli aveva impedito di lasciare le briglie del cavallo
della Principessa e che lo aveva indotto a togliersi le bende per mettersi alla
caccia del cavaliere nero, andando incontro a una cecità quasi sicura, senza
investire della questione il Generale, Girodel o chiunque altro e senza
vagliare soluzioni alternative, nella presunzione di essere l’unico individuo
in grado di salvare Oscar.



Sin da bambino, aveva posto Oscar
al centro di ogni suo pensiero, ne aveva fatto materia di una crescente
passione, sfociata, a tratti, in un’ossessione.



Rimasto orfano di entrambi i genitori
in tenera età – una polmonite se li era portati via nel giro di pochi giorni –
soltanto la permanenza a Palazzo Jarjayes e la vicinanza di Oscar lo avevano
salvato dal gorgo di dolore che lo stava risucchiando. La nonna, il Generale,
Madame e, soprattutto, Oscar erano diventati, per lui, una seconda famiglia,
l’unica che gli fosse rimasta. Si era subito affezionato a quel musetto
impertinente e altero, a quello spirito libero e prepotente, ma anche molto
affettuoso e leale. In poco tempo, si era trovato nella condizione di non
poterne più fare a meno.



Cresciuto a metà strada fra i
nobili e i popolani e non accettato pienamente dagli uni e dagli altri, aveva
presto compreso che Oscar, seppure per motivazioni differenti, era l’unica a
condividere con lui una condizione di ibrido e la sola in cui potesse, in
qualche modo, rispecchiarsi.



Il sentimento totalizzante che
aveva sempre provato per lei non gli aveva fatto prendere in considerazione
scelte alternative allo starle accanto. Se avesse chiesto al Generale di farlo
proseguire negli studi o di farlo entrare in seminario, difficilmente avrebbe
ricevuto da lui un diniego. Una simile decisione, però, lo avrebbe allontanato
da Oscar senza, peraltro, conferirgli una posizione sufficientemente elevata da
renderlo degno di lei. Nessuna collocazione nel mondo, del resto, gli sarebbe
mai calzata a pennello, perché ben pochi erano gli individui che avevano
beneficiato di un’educazione da gentiluomini pur essendo nati popolani. Nessuna
moglie, nobile o plebea, sarebbe stata, per lui, un adeguato completamento.
Nessun amico, nobile o plebeo, avrebbe mai condiviso con lui speranze, problemi
e ideali. Il grande dolore subito in tenera età, oltretutto, lo aveva reso
insicuro del domani e poco attaccato alle cose terrene. Che senso avrebbe avuto
acquistare una casa che un terremoto avrebbe potuto distruggere o costruirsi
una famiglia che un’epidemia avrebbe potuto annientare? Se avesse voluto
veramente una moglie e dei figli, avrebbe perseguito l’obiettivo con la testardaggine
che lo aveva sempre caratterizzato, ponendo fine, per tempo, a una passione
senza futuro, ma perché privarsi della genuinità e della bellezza di un
sentimento nobile e puro? Per rincorrere una vita vera che, da un momento
all’altro, avrebbe potuto disarcionarlo e gettarlo a terra, con le ossa rotte e
l’anima a pezzi? Si era trovato, pertanto, senza neanche rendersene conto, a
superare il punto di non ritorno, rimanendo invischiato, per sempre, in una
passione che era diventata una benedizione e una maledizione, tormento ed
estasi.



L’incidente equestre occorso,
tanti anni prima, alla Principessa aveva impresso un’importante svolta
all’esistenza di lui. Il periodo in cui era capitato – particolarmente
travagliato, perché funestato dalla gelosia per il legame amicale che si era
instaurato fra Oscar e Maria Antonietta e dalla consapevolezza che, finiti i
tempi dell’infanzia, la divaricazione dei ruoli sarebbe inesorabilmente
cresciuta senza mai arrestarsi – era stato scandito da incubi ricorrenti e da
fastidiose paranoie che avevano avuto per protagonista una Oscar ormai
proiettata verso una brillante carriera, completamente dedita alla nuova amica
e non più interessata a colui che sarebbe rimasto, per sempre, un semplice
attendente. Quando la Principessa era stata riportata esanime alla reggia e un
nugolo di cortigiani era volato negli appartamenti di lei per conoscerne le
sorti, per un fugace e terribile istante, si era trovato a pensare che, se ella
fosse morta, Oscar sarebbe stata, finalmente, di nuovo tutta per lui. Si era
subito riscosso da quell’abominevole pensiero e ne aveva provato un tale orrore
che, quando, subito dopo, le Guardie Reali lo avevano trascinato davanti al Re
per rispondere del crimine di attentato alla vita di un membro della famiglia reale,
quasi aveva pensato di meritare ciò che gli stava capitando, quale giusta
punizione della propria crudeltà. In quell’occasione, Oscar ne aveva preso le
difese, offrendosi di salire sul patibolo al posto di lui ed egli si era
sentito, da un lato, sollevato per l’infondatezza dei propri sospetti, ma,
dall’altro, ancora più meschino e indegno. Da quel giorno, era iniziata la
crescente passione di Oscar per il Conte di Fersen ed egli, col senno di poi,
aveva, a volte, pensato a una sorta di castigo divino per avere augurato la
morte alla Principessa. A causa dell’ingente perdita di sangue, Oscar aveva
perso i sensi subito dopo che il Re era uscito dalla sala del trono e le
riserve sulla sopravvivenza della giovane erano state sciolte al termine di
molte ore di attesa che avevano gettato tutti nella costernazione. Dopo che
Oscar si era ripresa, a conclusione di quella terribile avventura, egli aveva
giurato solennemente che, se fosse stato necessario, un giorno, avrebbe dato la
sua vita in cambio di quella di lei. Quella maledetta mattina di pochi giorni
addietro, invece, era stato proprio lui che, per incoscienza e superficialità,
ostinandosi a dissimulare la propria menomazione per finalità esclusivamente
egoistiche, aveva esposto Oscar all’attacco dei sicari.



André si prese la testa fra le
mani e la strinse più che potè, pensando ai due grandi ostacoli che lo
separavano da Oscar: l’abisso sociale e la fiera, feroce e ferma determinazione
di lei di tendere, con ogni fibra del proprio essere, a un modello etico
irraggiungibile perché ultra umano.



Il divario di censo e di rango li
separava come l’oceano divideva l’Europa dal nuovo mondo ed egli, a dispetto
della spavalderia che, il giorno prima, aveva ostentato di fronte al Generale,
ne era sempre stato pienamente consapevole. Un divieto matrimoniale fra nobili
e plebei non esisteva, ma la differenza di classi fra nubendi, di solito, era
superata soltanto quando la convenienza lo rendeva opportuno e, infatti, l’ex fidanzato della sorella di Alain, un
nobile povero, si era risolto a lasciare la giovane Diane per contrarre
matrimonio con una ricca borghese. I nobili non erano tutti uguali, essendoci
quelli ancora ricchi e quelli ormai decaduti, quelli in possesso di un titolo
elevato e quelli che erano soltanto signori di qualche terra, quelli di
provincia e quelli vicini al Re. La famiglia Jarjayes avrebbe potuto essere
comitale e povera; comitale e di medie sostanze; comitale, ricca e di
provincia; comitale, ricca, parigina e priva di buone conoscenze. Nella realtà,
invece, la famiglia Jarjayes era comitale, ricchissima ed estremamente vicina
alla Corona. Era, cioè, collocata al vertice della società e totalmente agli
antipodi rispetto a lui che, invece, neppure era un borghese, ma un semplice
popolano, figlio di due poveri contadini che lo avevano lasciato orfano e solo
in tenera età. Neanche un nobile decaduto e di provincia avrebbe trovato
conveniente e onorevole un’unione con lui, figurarsi la famiglia Jarjayes!



La verità era che non aveva
granché da offrire a Oscar e ciò non era colpa di lui, di lei, del Generale, di
Madame, del Re, della Regina, del Primo, del Secondo o del Terzo Stato. Era
così e basta.



Ripensò alle diverse fasi della
sua vita in cui era progressivamente maturata in lui la consapevolezza del
proprio posto nel mondo.



A Palazzo Jarjayes, ognuno aveva
il proprio ruolo e nessuno era disprezzato o trattato con sussiego. Nessuno dei
servitori avrebbe messo in discussione l’autorità dei padroni e nessuno dei
padroni avrebbe abusato della propria posizione per avvilire o mortificare un
servitore. Ogni membro della servitù riceveva la giusta considerazione per il
lavoro svolto, encomi o biasimi a seconda del merito o del demerito. La
confidenza, l’insolenza, la prevaricazione, la promiscuità, la disonestà erano
bandite e tutto si svolgeva in un clima di austera sobrietà. Poi, c’erano lui e
la nonna che godevano di un trattamento privilegiato, beneficiando di una
maggiore familiarità. Soprattutto lui, che era cresciuto a mezza strada fra il
piano nobile e l’ala della servitù, era un fedele amico per Oscar e un pupillo
per il Generale che lo trattava bonariamente e non disdegnava di ricercarne il
consiglio, soprattutto quando si trattava di interpretare i comportamenti della
figlia.



A Palazzo Jarjayes, egli aveva
acquisito, senza traumi, la consapevolezza delle differenze di censo e di
rango, come normale declinazione di un più esteso ordine naturale. Si era
sentito parte di un ingranaggio. Si era sentito un lavoratore.



A Versailles, le cose erano
mutate. A Versailles, i ruoli si erano definiti e le differenze si erano
accentuate. A Versailles, poteva parlare soltanto se interpellato, non poteva
contraddire pubblicamente Oscar e doveva camminarle sempre un passo indietro.



Fuoriuscito dal consueto ambiente
familiare, aveva appreso che il mondo adulto era tutt’altro che benevolo,
soprattutto con chi non aveva la forza e lo spessore per far volgere le cose a
proprio favore. Aveva appreso che i meriti individuali contano poco o nulla, se
non sono supportati da un sostegno più concreto, soprattutto in una società
statica e poco propensa alla valorizzazione dell’individuo. Aveva appreso che i
discorsi, i ragionamenti, i pensieri e finanche le facezie di un Duca d’Orléans
o di un Duca di Germain valevano infinitamente più di quelli di un uomo come
lui. Aveva appreso che la vita di un uomo qualsiasi era costantemente appesa a
un filo e che, nel convergere di una serie di circostanze estremamente
sfavorevoli, sarebbe potuta valere quanto quella di un lombrico.



Un episodio gli aveva chiarito
molte cose, a poche settimane dall’assunzione del grado di Capitano da parte di
Oscar. Una mattina, mentre aspettava che Oscar finisse di conferire con i suoi
superiori, si era imbattuto in un gruppo di cortigiani che discutevano fra di
loro, chiedendosi chi fosse la donna filosofo pagana linciata da un gruppo di
fanatici cristiani. Uno di loro, sbagliando personaggio, epoca storica e
disciplina coltivata, aveva affermato trattarsi di Saffo. Un altro, attingendo
direttamente alla mitologia e tirando a indovinare, aveva citato Cassandra.



Egli, avvicinandosi al gruppo e
pensando di rendersi utile, come, a volte, gli era accaduto a Palazzo Jarjayes,
quando il Generale lo aveva interpellato su qualcosa, aveva detto che il
personaggio in questione era Ipazia di Alessandria.



Sulla piccola comitiva, era sceso
un repentino silenzio, rotto, qualche istante dopo, da una frase pronunciata,
con tono paternalistico e, al contempo, brillante, da uno dei cortigiani:



– Com’è perspicace cet jeune homme!



Erano seguite delle lievi risate
di circostanza e, subito dopo, il gruppo si era allontanato.



Aveva capito molto presto che, a
Versailles, la spontaneità doveva essere messa al bando e che i peccati
d’ingenuità sarebbero stati quelli più difficili da perdonare. Non ci si poteva
aggirare per il mondo e, soprattutto, per il bel mondo facendo le stesse cose e
assumendo gli stessi atteggiamenti tenuti in ambienti più conosciuti e
familiari.



Era a Versailles che aveva
compreso l’autentico significato della parola “servo”.



Erano, poi, seguite l’età adulta
e la presa di coscienza che c’era qualcosa di dissonante nel mondo in cui
viveva, fratturato fra il lusso di pochi individui e la straziante miseria di
una vasta pletora di persone lacere, grigie, anonime e sempre più inquiete. Si
era imbattuto, quasi per caso, nelle riunioni di intellettuali che si
svolgevano in una chiesetta di campagna, dove erano evidenziati i maggiori
problemi della società, quali la concentrazione di gran parte delle ricchezze
in mano a poche famiglie che erano, poi, le uniche a non pagare le tasse se non
sotto forma di decima alla Chiesa e la preclusione delle cariche più
importanti, fossero esse ecclesiastiche, militari, giudiziarie o
amministrative, a chi non appartenesse da più generazioni alla nobiltà. Queste
riunioni gli erano apparse, ben presto, alquanto velleitarie, perché molti
partecipanti avevano un’idea assai vaga e quasi sentimentale del mondo che
avrebbero voluto in sostituzione di quello esistente e scarsissime soluzioni su
come attuarlo in concreto. Le proposte, in realtà, non mancavano, ma raramente
convergevano, spaziando dalla persuasione inculcata tramite la cultura al colpo
di stato. Di concretezza, invece, ve n’era ben poca. Soprattutto, aveva dovuto
ammettere con se stesso, seppure a malincuore, che qualunque cambiamento
legislativo ci fosse stato, avrebbe dovuto fare i conti con la mentalità degli
individui che necessita dell’avvicendarsi delle generazioni per mutare e con le
condizioni socio economiche, perché si possono possedere, in astratto, tutti i
diritti, ma, poi, occorrono i mezzi economici e la preparazione culturale per
farli valere. Aveva dovuto ammettere che qualunque idea politica gli si fosse
insinuata nella mente avrebbe dovuto misurarsi con la scissione su cui aveva
costruito la propria vita: origini plebee perse nell’infanzia remota ed
educazione gentilizia ricevuta; provenienza da una classe sociale di cui aveva
un’idea tutto sommato vaga e debito di riconoscenza verso chi lo aveva accolto;
malessere e amore. Con il popolo condivideva la nascita e le limitazioni, ma
non le esperienze, le privazioni, il modo di vivere e la disperazione, perché
un conto è provare indignazione per la vista della povertà e un altro è viverla
sulla propria pelle. La lacerazione interiore di cui era vittima non gli
avrebbe fatto assumere alcuna posizione netta e definita. Era né carne né
pesce. Aveva dovuto ammettere, in special modo, che ogni idea politica da lui
vagheggiata ruotava intorno a un solo motore immobile: Oscar. Ogni auspicato
cambiamento sociale era incentrato sul desiderio che aveva di sposarla anche se
gli doleva constatare che un divieto legale di matrimonio fra persone
appartenenti a classi sociali diverse era raramente esistito nella storia e che
l’ostacolo principale era e sarebbe sempre stato di ordine pratico. Come
potrebbe un uomo povero sposare una donna ricca senza trascinarla in miseria e
senza esporla alla perdita di prestigio e, peggio ancora, al ridicolo? Mai
avrebbe voluto che a Oscar succedesse questo. Oscar andava protetta non
soltanto da aggressioni e imboscate, ma soprattutto dalla passione di lui e
dalle conseguenze negative di una mésalliance.
L’amore dà e non toglie. L’amore si sacrifica e non possiede. L’amore pospone
se stesso al bene dell’altro. Diversamente, sarebbe passione egoistica,
desiderio di prendere, fame di affermazione personale, strumentalizzazione
dell’altro che diventerebbe un oggetto, un trofeo, uno specchio della propria
vanità. No, non voleva questo per Oscar!



Oh, Oscar, vorrei afferrare le stelle del cielo e incastonarle in una
corona con cui cingerti il capo! Vorrei intrecciare fili di seta bianchissimi e
tesserti una veste degna di una regina! Vorrei raccogliere le gemme della terra
e le perle del mare e fartene dono! Ma le mie mani sono vuote e il solo cuore
non può bastare
.



Ripensò, poi, all’ostinazione di
Oscar di vivere come un uomo e, anzi, come un semidio. Si trattava di un’idea
inculcatale, sin dalla primissima infanzia, dal padre e da lei fatta propria
con entusiasmo, dopo che aveva intuito la libertà e l’autorevolezza che ne
sarebbero derivate. Tale forma mentis
le avrebbe reso inimmaginabile adattarsi alla condizione femminile, da lei
considerata sorgente di debolezza e a un legame matrimoniale, ritenuto l’antitesi
della libertà e della dignità. Un sentimento d’amore, autentico e concreto e
non idealizzato e angelicato, per Oscar sarebbe stato una fonte di distrazione
dai propri doveri e una causa di inebetimento.



Ripensò a come era finito
dall’essere l’ombra devota della donna che amava all’autore di un odioso
tentativo di violenza ai danni di lei.



Ripensò alle parole di sua nonna
e a quel qualcosa di eccessivo e di pericoloso che ella aveva sempre notato fra
loro due.



Effettivamente, sin dalla
primissima adolescenza, il profondo attaccamento che li aveva uniti
nell’infanzia si era tramutato in un’attrazione selvaggia e viscerale e tutti i
duelli, le scazzottate e gli accesi confronti verbali che li avevano visti
protagonisti ne erano stati una tangibile testimonianza. Dai loro duelli e
dalle loro liti adolescenziali, si sprigionavano una tensione sessuale e
un’attrazione spirituale e fisica scaturite dall’inconscio e non mediate
dall’intelletto e, proprio per questo, impossibili da dissimulare.



Il risveglio della sessualità,
l’attrazione, la possessività, la gelosia e il desiderio di avere Oscar tutta
per sé, senza subire la fastidiosa interferenza della Principessa, di Fersen e
dei cortigiani tutti, lo avevano tormentato, ma il grande bagaglio di valori,
di precetti, di senso dell’onore, del dovere e della disciplina che aveva
appreso dal Generale e dalla stessa Oscar erano prevalsi ed egli era diventato
un campione di autocontrollo e di rigore intellettuale e morale. Gli impulsi,
le passioni, gli slanci egoistici o soltanto sconvenienti erano stati rimossi
dalla sfera cosciente e costantemente tenuti sotto controllo dal senso morale.
Essi, di tanto in tanto, riaffioravano dall’inconscio, sotto forma di incubi o
di attacchi di gelosia, ma riusciva a tenerli a bada. Aveva preso
l’aggressività e la pulsione sessuale e le aveva sublimate nella cura costante,
meticolosa e quasi ossessiva di Oscar. Si era appropriato dell’energia
scaturente dalla sessualità e dall’aggressività e, lasciandone invariati
l’impeto, l’intensità e la funzione creatrice, ne aveva cambiato la meta,
convogliandola verso la protezione di colei che amava, diventando un attendente
perfetto e inappuntabile. Tutto ciò, probabilmente, gli sarebbe bastato per
l’intera vita, nella consapevolezza di non potere pretendere di più e che
qualunque legame fra lui e Oscar avrebbe danneggiato lei e la famiglia Jarjayes
che tanto bene aveva fatto a lui.



Poi, si era messa di mezzo la
passione di Oscar per Fersen che, seppure priva di ogni effettiva possibilità
di concretizzarsi, lo aveva fatto soffrire, ma tutto ciò non aveva scalfito la
struttura morale che si era creato né aveva interferito con la canalizzazione
di tutte le energie e di tutti gli impulsi nella cura di Oscar.



In quella brutta sera che tornava
a tormentarlo di frequente sotto forma di incubo, però, Oscar lo aveva
brutalmente congedato, definendolo superfluo e indesiderato e sottolineando il
tutto con sguardi furenti, toni di voce concitati, schiaffi e domande
inquisitorie e incalzanti, seguite ad alcune frasi di lui che, col senno di
poi, riconosceva essere state inopportune ed evitabili. L’aggressività e la
pulsione sessuale, per anni convogliate nella cura di Oscar, si erano, nel giro
di pochi istanti, ritrovate adespote e prive di meta, gli argini si erano rotti
e il fiume era esondato, tramutandosi in furia, frustrazione, tempesta
devastatrice ed energia distruttiva. Tutte le pulsioni rimosse e relegate, per
anni, nell’inconscio avevano ricevuto la stura e si erano scatenate. Si era
ritrovato, senza neanche capire come, con le proprie labbra ansanti e roventi
sopra quelle di lei e con un lembo della camicia di Oscar fra le mani, a
rimirare la spalla nuda della sua amata e il volto di lei allucinato e carico
di costernazione. Si era trattato di pochi attimi, sufficienti a rovinare
un’amicizia e a minare un rapporto di reciproca fiducia, dopo i quali la morale
e il senso del dovere e dell’onore avevano ripreso il sopravvento, ricacciando
negli abissi il selvaggio e riportando in superficie l’uomo. Era tornato al suo
ruolo di ombra, di fido servitore, amico e consigliere e aveva ripreso a
incanalare la pulsione sessuale e l’aggressività nell’adempimento della propria
missione, sublimandole nella devozione a Oscar.



Erano iniziati un inseguimento
senza sosta e una lotta senza quartiere contro il rifiuto di lei, culminati in
quella maledetta giornata di maggio in cui la cecità che incombeva su di lui
era stata sul punto di mettere a repentaglio l’incolumità della compagnia, la
vita di Oscar e di un Imperatore e la pace fra due nazioni.



Era stato allontanato, questa
volta definitivamente e l’aggressività e la pulsione sessuale si erano trovate
nuovamente acefale, senza la possibilità di sublimarle in qualcosa di
superiore, essendo rimaste prive di meta. Non erano seguiti altri scatti d’ira,
ma uno strisciante istinto di autodistruzione si era impadronito di lui,
soggiogandolo, stordendolo e portandolo a ubriacarsi e a ridursi alla stregua
di quel vagabondo demente che tanto aveva addolorato la nonna.



André si strinse ancora di più la
testa fra le mani, per, poi, serrarle a pugno, così da racchiudere, nella
stretta, alcune ciocche di capelli neri.



Si era crogiolato in un sogno,
aveva rimuginato su Oscar e su ciò che provava per lei e, così facendo, l’idea
era diventata chiodo fisso, l’inclinazione era sfociata nel sentimento e
l’affezione si era tramutata in passione. Aveva trasformato un lavoro in un
sacerdozio e la sua padrona nell’amore di tutta una vita senza che nessuno lo
avesse mai illuso sui possibili esiti di tale cieca abnegazione. L’amore che
provava per Oscar era diventato, a tratti, molto possessivo, al punto da
indurlo a seguirla ovunque, nella convinzione che lei non potesse farcela senza
di lui e che lui sapesse scegliere meglio di lei. La percezione che aveva di se
stesso, adesso, era quella di un uomo prostrato e sconfitto che si trovava con
un pugno di mosche in mano. Desiderare troppo è come non desiderare affatto e
prefiggersi degli obiettivi eccessivamente elevati è il miglior modo per non concretizzarne
alcuno. Finalmente, lo aveva capito. Aveva anche smarrito il senso della misura
e delle priorità, struggendosi per un dolore morale quando materialmente aveva
tutto mentre gli ex commilitoni di
lui e i figli del popolo si dimenavano nella miseria, impossibilitati a mettere
insieme il pranzo con la cena e a curare i propri cari. Aveva osato criticare
la frivolezza della Regina, ma lui era stato altrettanto cieco ed egoista!



Ripensò alle accuse di sua nonna
che lo aveva trattato come un flaccido smidollato che aspira alla luna senza
essere in grado di calzarsi le scarpe. Ripensò alle giuste osservazioni di lei
che dubitava di come avrebbe potuto reggere il timone di una famiglia,
provvedere alle cure parentali e fronteggiare i dolori che la vita, da sempre,
dissemina sul cammino di ogni vivente, se soltanto si ubriacava per un amore
impossibile. Gli risuonò nelle orecchie il grido di lei: “Cresci, André! Cresci! Cresci! Cresci!”.



Pensò che, in quei terribili
giorni, aveva toccato il fondo e che, dopo, non gli sarebbe rimasto altro da
fare che risalire.



Oscar, non posso essere il compagno che meriti, perché io non ho niente
mentre per te voglio tutto…. Devo lasciarti vivere la tua vita, devo farti fare
le tue scelte…. Devo capire chi sono, cosa voglio e dove desidero andare…. Devo
crescere….



 



********



 



Oscar cavalcava per i sentieri
boscosi della tenuta Jarjayes. Le dolci pendenze del paesaggio agreste e la
brezza che le scompigliava i capelli le ricordavano il tempo dell’infanzia e
dell’adolescenza, quando le uniche occupazioni che la riguardavano erano lo
studio, gli allenamenti e, poi, correre, giocare e cavalcare per quei
sentieri….



Gli alberi di ciliegio,
nell’ultima settimana di maggio, avevano ormai perso i loro petali rosa pallido
che erano planati a terra, dove avevano formato un delicato e soffice tappeto,
prima di essere spazzati via, chi sa dove, dal vento. Le foglie lanceolate
avevano assunto un colore rosso bruno così scuro da rasentare il marrone
violaceo.



Oscar guardava ciò che la circondava,
ma il risveglio della natura, in quello scorcio di primavera inoltrata, non
riusciva a rasserenarle l’animo come accadeva in passato.



Troppi erano i pensieri che le
ingombravano la mente senza trovarvi una giusta collocazione o una via
d’uscita.



Il padre…. Aveva ripudiato la
natura femminile di lei, ne aveva salutato la nascita con un urlo di
disappunto, quasi fosse stata una sciagura…. Le aveva fatto iniziare la vita
con un rifiuto…. Aveva davvero agito per compiacerlo? Si era sottomessa a
un’imposizione per il bene del casato o, fingendo di ottemperare, aveva
semplicemente assecondato la propria natura selvaggia, indomita, affamata di
libertà e atterrita dai vincoli? Non aveva indossato quell’uniforme per suo
padre…. Quell’uniforme l’aveva protetta dalle limitazioni del proprio sesso e
dalle angherie del mondo, conferendole uno stato libero e onorato, ma l’aveva
anche resa diversa da tutte le altre creature. Molto aveva dato e molto aveva
preso…. Un vero patto col diavolo…. Nonostante tutto, mille volte fosse rinata,
mille volte avrebbe rifatto la stessa grande scelta. Non si può avere tutto, ma
è ineluttabile tendere con ogni fibra del proprio essere e con ogni anelito di
vita a ciò che dà significato e pienezza al proprio spirito.



Arrivata in prossimità del
laghetto, scese da cavallo, strinse una foglia fra le dita, facendo flettere
leggermente il ramo cui era attaccata e, poi, lasciò la presa.



Fersen…. Non poteva ricambiarla
né, tantomeno, vedere in lei una donna…. Cosa provava per lui? Lo aveva desiderato
per gran parte della vita, malgrado fosse il segreto amore e l’unico raggio di
sole di quella Regina, di quell’amica alla quale aveva giurato fedeltà e
obbedienza. Con un angolo del cuore aveva giurato e con l’altro aveva tradito.
Cosa provava per lui? Quali erano la profondità e la radice di quel sentimento?
Cosa li univa? Cosa li accomunava? Cosa avrebbe potuto tenerli insieme? Sognare
è bello, ma vivere è un’altra cosa. Avrebbe davvero sacrificato tutto e
cambiato radicalmente ogni cosa di sé per quell’uomo?



Si avvicinò al lago e attinse
dell’acqua per rinfrescarsi il viso. Il cavallo, che si stava abbeverando,
avvicinò la sua testa al volto di lei, sfiorandolo delicatamente e annusandolo
ed ella, di rimando, gli accarezzò amorevolmente il muso.



Girodel…. Non poteva
assolutamente ricambiarlo…. Era stata di un’inurbanità agghiacciante con lui,
reo del solo crimine di averla trovata amabile e degna al punto di volerne fare
la propria consorte. Non poteva sposare un uomo che aveva sempre comandato…. Non
poteva sposare un uomo che la trovava tanto meritevole…. Non poteva sposare un
uomo che l’aveva vista tanto donna…. Non poteva sposare un uomo tanto educato….
Non poteva sposare un uomo tanto ragionevole e assennato…. Non poteva sposarsi
e basta…. Libera, indipendente, orgogliosa, fiera, impetuosa come il vento e
sfuggente come l’acqua, forte come agosto e imprevedibile come marzo…. Era così
che si vedeva e che voleva essere….



Si sdraiò sull’erba, con le
braccia incrociate sotto la testa, a scrutare il cielo attraverso le fronde.



André…. Non poteva assolutamente
ricambiarlo…. La quadratura del cerchio perfetta…. Il perfetto amico, il
perfetto fratello, il perfetto consigliere, il perfetto attendente….
All’occorrenza, se ne usciva sempre con un consiglio, con un sorriso, con una
battuta di spirito, con un vassoio colmo di pasticcini e di cioccolata, con un
mantello e senza mai chiedere alcunché e senza essere troppo invadente…. Troppo
perfetto…. Non si era mai chiesta perché non si fosse mai sposato, non l’aveva
insospettita l’indefessa devozione che le tributava…. L’ombra inseparabile,
amica e ristoratrice…. Il conforto, l’ascolto, l’appiglio onnipresente…. La
salvava dai guai, ne mitigava le intemperanze, trovava sempre il modo per
rasserenarla…. La perfetta quadratura del cerchio…. Non le era mai convenuto
porsi delle domande alle quali far seguire delle scomode e inaccettabili
risposte…. Molto meglio andare avanti così, all’infinito…. I segreti, però, li
sapeva tenere bene…. Troppo bene…. Finché la calma si era tramutata in furia,
la pazienza in collera e la devozione in distruzione…. I consigli di lui,
adesso, non erano più i bene accetti…. Da quando aveva iniziato a parlare di
rose e di lillà e lei si era accorta che i discorsi floreali non l’aggradavano
affatto…. Da quando era diventato elemento di conflitto e non di composizione….
Finché le avevano fatto comodo, però, i consigli di lui erano stati i bene
accetti….



Oscar si riscosse e si mise in
piedi, con un movimento repentino, agile e stizzito.



Oscar, basta, non è bene indugiare in questi pensieri!



Montò, quindi, a cavallo,
spronandolo verso casa.



Sono io meritevole d’amore?

 

     


                     





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