FanFiction Lady Oscar | La leonessa di Francia di Agrifoglio | FanFiction Zone

 

  La leonessa di Francia

         

 

  

  

  

  

La leonessa di Francia ●●●●● (Letta 316 volte)

di Agrifoglio 

6 capitoli (in corso) - 6 commenti - 1 seguace - Per tutti

    

 

Sezione:

Anime e MangaLady Oscar

Genere:

Avventura - Storico - Epico - Azione

Annotazioni:

What If

Protagonisti:

Oscar François de Jarjayes - Andre' Grandier - Tutti

Coppie:

Oscar François de Jarjayes/Andre' Grandier (Tipo di coppia «Het»)

 

 

              

  


  

 Il Conte straniero 

 


  

Il Conte straniero



 



– Conte di Falkenstein, cavalcate
vicino a me e tenete la testa bassa! – urlò Oscar al gentiluomo che la
affiancava nella corsa a perdifiato di quella tiepida mattina di maggio.



Lo scalpitio degli zoccoli dei
cavalli lanciati al galoppo rimbombava concitato nei sentieri che il gruppo di
soldati stava divorando lega dopo lega, al punto che, per impartire qualsiasi
ordine o istruzione, occorreva urlare ai limiti delle umane capacità. Lo sforzo
era massimo sia per le cavalcature sia per chi le montava, ma occorreva
lasciarsi alle spalle gli inseguitori e distanziarli il più possibile. Ogni
tanto, dal gruppo degli assalitori, partivano degli spari, fino a quel momento,
per fortuna, mai andati a segno, a causa della distanza, dell’equilibrio precario
offerto da un cavallo al galoppo e – pensò Oscar, non senza sollievo – della
scarsa abilità dei tiratori, ma l’allerta era massima e bisognava accelerare e
flettere il busto sul collo del cavallo, per esporsi il meno possibile.



– Alain, a che punto sono gli
inseguitori?



– Per ora, stanno mangiando la
nostra polvere, Comandante, ma non bisogna assolutamente far guadagnare loro
terreno.



– André, quanto dista il Reno da
qua?



– Percorse due leghe,
raggiungeremo la sponda sinistra del Reno, ad est di Strasburgo, Comandante –
rispose André, sulla base della consultazione che, prima di partire, aveva
fatto delle carte geografiche e dei ricordi del ben più tranquillo viaggio,
effettuato diciotto anni prima, per scortare un’altra persona di provenienza austriaca.



– Bene – gridò Oscar, i cui
capelli biondi fremevano al vento e si diramavano nel cielo come fili d’oro
ricamanti una scena guerriera sul serico blu di un arazzo – Sparpagliamoci per
confondere gli assalitori! Il Conte di Falkenstein verrà avanti con me, con Luc
Monet e con Charles Aubry; André Grandier, Alain de Soisson e Paul Lorraine
andranno a destra; Louis Cléry, Jean Dubois e George Chigny a sinistra. I
sicari inseguiranno il gruppo dove saremo il Conte ed io. Quando saranno
passati avanti, quelli di voi che erano andati a destra e a sinistra torneranno
indietro e piomberanno alle loro spalle. Così, li accerchieremo!



Mentre parlava, una luce
indomita, fiera e nervosa le saettava nelle iridi cerulee quasi fosse stata la
figlia di Marte. L’autorità che emanava da quella figura, il tono imperioso e
il portamento altero rendevano impossibile agli ascoltatori pensare a un esito
diverso dalla vittoria. I piani del Comandante erano così chiari e precisi che
dovevano per forza andare a buon fine. Sicuri e motivati, gli uomini si
sparpagliarono al galoppo, secondo le istruzioni di Oscar.



Gli assalitori, come previsto,
inseguirono il gruppo dove si trovavano Oscar e il Conte, tralasciando
completamente coloro che si erano allontanati, così che, quando se li
ritrovarono alle spalle, era ormai troppo tardi, essendo già stati accerchiati.
A quel punto, Oscar, dopo avere ordinato al Conte di proseguire da solo la
cavalcata al massimo della velocità, fece dietro front e si scaraventò
fulminea, con la spada sguainata, sugli avversari, uccidendone uno e
disarcionandone un altro. Un terzo uomo le si avventò alle spalle, ma un
soldato la chiamò ed ella si voltò di scatto e sferrò un coupé contro l’avversario che lo parò a stento, barcollando, ma
ritrovando subito l’equilibrio e assestando, di rimando, un potente, ma rozzo
montante in direzione del fianco destro di Oscar che, con un agile molinello,
fece roteare in aria la spada dell’uomo, recuperandola, subito dopo, al volo,
infilando la lama nell’elsa. Lo sgherro, con gesto rapido quanto proditorio,
estrasse un pugnale dalla giubba e si apprestò a lanciarlo contro Oscar che,
però, fu più veloce e, afferrata la pistola dalla fondina, gli sparò in pieno
petto, così da farlo stramazzare, morto, al suolo. Intanto, la battaglia
infuriava fra urla, imprecazioni, spari e clangori di lame.



Gli assalitori erano più del
doppio delle Guardie, ma compensavano la superiorità numerica con un pessimo
addestramento, tanto che Oscar pensò che fossero dei sicari raccolti dalla
strada e reclutati alla bell’e meglio da qualche malintenzionato e oscuro
mandante.



Dopo circa un quarto d’ora di
lotta, i soldati contarono, a terra, sedici sicari morti. Paul Lorraine e Louis
Cléry, i più inesperti soldati della Guardia lì presenti, avevano riportato
delle superficiali ferite, rispettivamente, a un braccio e a una gamba e Oscar
ordinò loro di recarsi alla locanda del più vicino villaggio e di mandare gli
avventori a cercare un cerusico.



Subito dopo, si rivolse agli
uomini illesi:



– Ho chiesto al Conte di
Falkenstein di precederci sull’isola del Reno davanti a Strasburgo, nel
padiglione di legno che fu costruito nel 1770 per la remise della Delfina. Raggiungiamolo subito e aiutiamolo a varcare
il confine alla volta di Shüttern. A quel punto, il nostro compito sarà finito.
State bene all’erta, perché ho contato quattro aggressori illesi che si sono
dati alla fuga.



 



********



 



Oscar era pensierosa mentre il
barcaiolo traghettava soldati e cavalli sull’isola.



– Avete detto di non avere
traghettato altri uomini prima di noi?



– No, Signore.



– Ricordatevi di non traghettare
nessun uomo che corrisponda alla descrizione che vi abbiamo appena fatto. Se
vedete quegli uomini, fuggite all’istante, perché sono molto pericolosi.



– Sì, Signore.



– Comandante – si intromise Alain
– Nulla esclude che raggiungano l’isola a nuoto. Bastano poche bracciate e li
ho visti ben determinati.



– Lo so.



Era passato circa un mese da
quando Oscar aveva assunto il comando della Guardia Metropolitana parigina e,
da allora, ne erano successe di tutti i colori: gli uomini avevano accolto lei
con odio e André con sospetto e, un malaugurato giorno, lo avevano spedito in
infermeria, dopo averlo pestato a sangue. Era stata costretta a vigilare su
entrambi, portandoselo dietro in ogni missione, per evitare, nei limiti del
possibile, di lasciarlo solo con gli altri e tutto ciò malgrado, da quella
maledetta notte, il disagio, fra loro, fosse diventato più che palpabile e
incrociarne lo sguardo fosse fonte di incessante disagio. A ciò, si erano
aggiunti ulteriori problemi: la bizzarra ed estemporanea proposta di matrimonio
di Girodel, da lei rifiutata con una prontezza pari soltanto alla maleducazione
usatagli e la stranezza del comportamento di André che le appariva, a tratti,
impacciato e goffo. Da circa una settimana, dopo che aveva evitato la
fucilazione al timido e imbranato Lasalle, l’atteggiamento dei soldati verso di
lei era mutato ed ecco che, direttamente dalla Regina, era arrivato l’ordine di
scortare il Conte di Falkenstein al confine austriaco. A nulla erano valse le
proteste di Oscar, incentrate, principalmente, sull’argomentazione che quello
era un compito da Guardie Reali e non Metropolitane. Maria Antonietta era stata
irremovibile, perché si fidava soltanto di lei e soltanto a lei avrebbe
affidato quella missione. Muta e imperscrutabile, Oscar aveva obbedito.



Sull’altro lato della zattera,
Alain bersagliava André di domande.



– Sentì, André, perché tocca
proprio a noi accompagnare alla frontiera quel damerino austriaco?



– Perché ce lo ha ordinato la
Regina in persona.



– E perché il Comandante gli si
rivolge con tanta deferenza? In fin dei conti, è un Conte e, quindi, un
parigrado di lei.



– Perché nelle missioni
diplomatiche è in uso così – glissò André.



– E’ che cos’è questa Roccia del
Falco alla quale deve fare ritorno?



– Non è altro che la traduzione
francese della parola “Falkenstein”, il maniero di cui egli è il Signore.



– Sarà, ma a me sembra che si
parli in codice – sibilò Alain, iniziando a fischiettare e a sgranchirsi gambe
e braccia.



 



********



 



– A quest’ora, gli uomini da Voi
assoldati potrebbero già avere ucciso l’autrichien,
Duca d’Orléans.



– Auguriamocelo, Duca di Germain.



– E se la fortuna proprio ci
sorridesse, faranno fuori anche l’ermafrodito intrigante e insolente.



– Magari! In ogni caso, se anche
sopravvivesse, con un tale fallimento sulle spalle, sarebbe screditata a vita
e, con lei, tutto il clan de
Jarjayes.



– Ciò sgombrerebbe la strada alla
realizzazione dei Vostri piani.



– Sì, senza contare che, se ci
andasse proprio bene, la morte del cane austriaco potrebbe scatenare una guerra
fra Francia e Austria. A quel punto, Luigi, già sfiancato dalla guerra oltre
oceano, potrebbe abdicare, andare in esilio e portarsi dietro anche i Conti di
Provenza e di Artois e, a quel punto, il trono sarebbe mio.



– RicordateVi della Vostra
promessa: la Contea di Lille in cambio del mio aiuto. Ci tengo particolarmente,
perché è una Contea prestigiosa e ricca e confina proprio con le mie terre. Il
Conte di Lille è morto già da cinque anni senza discendenza.



– Duca di Germain, è mio precipuo
interesse farVi avere quella Contea. Essendo Voi un mio alleato, ho tutta la
convenienza a renderVi più potente. Io non posso reclamarla per me, perché
Luigi non vorrebbe mai che accrescessi la mia ricchezza e il mio prestigio.



– Restano i de Jarjayes e i
Polignac.



– L’amicizia dell’austriaca per
la Polignac, di recente, si è alquanto raffreddata e, se il mio piano andasse a
segno, i de Jarjayes cadrebbero in disgrazia.



– Così, io avrò Lille e Voi
farete un passo significativo verso il trono.



– Iniziate a prendere accordi col
Vostro orafo di fiducia per adattare la corona di Conte di Lille al Vostro
capo.



 



********



 



Il padiglione di legno, costruito
diciotto anni prima per la remise di
Maria Antonietta alla nuova patria, era, ormai, fatiscente. Anni di abbandono
ne avevano fatto una baracca fradicia, lurida e diroccata. Il tetto era, in più
punti, crollato e molti spifferi entravano dalle assi sconnesse, annerite dalla
muffa che impregnava, col suo odore acre, gli ambienti. Si vedevano ragnatele
un po’ ovunque e, sui pavimenti, vi erano escrementi di topo. Dalle travi del
soffitto, spuntavano dei rametti, segno che qualche uccello vi aveva nidificato
e non era escluso che anche volpi, lepri e altre bestie selvatiche avessero
eletto quel rudere a loro dimora.



– Ahhhhhh!!!!! – gridò George
Chigny, la cui gamba destra era sprofondata fino all’altezza del polpaccio,
dopo che una trave fradicia era collassata sotto il peso di lui. Era già il
quarto incidente di quel genere che capitava in pochi minuti.



– Sembra la casa degli spiriti –
sospirò Jean Dubois.



– Buhhh!!! – fece Luc Monet
dietro al compagno, accompagnando il verso al battito improvviso dei palmi
delle mani. L’altro sussultò, nell’ilarità generale.



– Piantatela! – sibilò Oscar – Vi
ricordo che siamo braccati e che dobbiamo fare meno rumore possibile e già ne
stiamo facendo troppo, a causa di questo impiantito marcio e cigolante!



– Era solo per smorzare la
tensione – si schermì Luc Monet.



Mentre l’attenzione di tutti era
concentrata sulla goliardata di Luc Monet, André – che era rimasto un po’
discosto dal gruppo – iniziò a barcollare e si portò, d’istinto, le mani agli
occhi.



Alain, accortosi dei problemi
dell’amico, gli chiese sottovoce:



– Tutto bene, André?



– La vista mi si è appannata di
nuovo – bisbigliò l’altro, ben attento a non farsi udire da alcuno, soprattutto
da Oscar.



– Stammi vicino e io ti guarderò
le spalle.



– Grazie, Alain, sei un amico!



D’un tratto, udirono dei passi
muoversi verso di loro. Istintivamente, misero tutti mano alle armi, prima di
accorgersi che il nuovo arrivato era il Conte di Falkenstein.



– Vi ho uditi entrare e ho
riconosciuto le vostre voci – disse il nobile straniero – Mi sono rifugiato qui
circa un’ora fa, come mi avevate ingiunto Voi, Generale.



Oscar annuì con un cenno del
capo.



– Sono lieta di vederVi illeso,
Conte di Falkenstein. Rimanete nel Vostro nascondiglio ancora per un po’. Nel
frattempo, io e i miei uomini perlustreremo la zona, ricca di boschi e di
caverne e, quando ci saremo sincerati che la via per la riva orientale
dell’isola è sgombra e sicura, Vi scorteremo fin là, così che potrete
raggiungere la sponda destra del Reno e Shüttern senza pericolo alcuno.



Mentre il Conte era in procinto
di riguadagnare il suo nascondiglio e Oscar e i soldati stavano per uscire da
quella stamberga diruta, si udirono cigolare le travi del pavimento.



– Non siamo noi, Comandante! –
esclamò Alain.



– Massima allerta – fece eco
Oscar – Conte di Falkenstein, non allontanateVi da me.



Pochi istanti dopo, il locale si
riempì di fumo e alle narici di tutti arrivò un inconfondibile odore di
bruciato.



– Hanno dato fuoco al padiglione
– gridò Oscar – Presto, usciamo!



– Lo hanno fatto a posta per
stanarci – osservò Alain.



– Già, ma noi non possiamo fare
altro che uscire, a meno di voler fare la fine di Giovanna d’Arco e di Giordano
Bruno – rimbeccò Oscar.



– Di chi? – chiese Alain ad
André.



– Gente che, in epoca passata, fu
arsa viva con l’accusa di eresia – spiegò, in fretta e furia, André.



– Che tempi! – esclamò Alain.



– Perché questi, invece…. –
mugugnò André.



– Smettetela di gingillarvi! –
ingiunse Oscar.



Giunti all’aperto, tentarono, con
circospezione, di guadagnare la riva orientale dell’isola mentre il padiglione
ligneo era avvolto da fiamme alte e crepitanti e gli animali che vi dimoravano
uscivano a frotte. Ogni albero, ogni cespuglio poteva celare un’insidia.
Percorso un breve tratto, dal rumore secco di qualche ramoscello di legno
calpestato e spezzato e da alcuni movimenti intravisti fra le fronde, si
accorsero di essere sotto tiro.



– Conte di Falkenstein, non
allontanateVi da me per alcuna ragione! André Grandier e Alain de Soisson,
guardateci le spalle a nord; Jean Dubois e George Chigny, sorvegliate in
direzione sud – ovest; Luc Monet e Charles Aubry, fate la guardia a sud – est.



Uno dei quattro sicari
sopravvissuti, intanto, dal nascondiglio ove si erano rintanati, disse agli
altri:



– Guardate quell’uomo alto, coi
capelli scuri. Si muove male, con gesti incerti e sembra essere mezzo orbo, se
non del tutto!



– Quel grosso bestione con il
fazzoletto rosso al collo?



– Ma no, imbecille, quello
accanto!



– Ma come, un soldato mezzo orbo?
Non è possibile, ti sarai sbagliato!



– E’ possibilissimo, invece e tu
non contraddirmi!



– Sì, capo – gemette l’altro, con
tono contrito.



– E’ il punto debole della
squadriglia, apriamoci un varco in quella direzione e attacchiamo!



Neanche aveva finito di parlare
che due sicari si avventarono, nella direzione di André, contro Oscar e il
Conte di Falkenstein.



– André, fai attenzione, copri le
spalle al Conte e al Comandante! – urlò Alain che si era accorto del pericolo.



André – che vedeva solo ombre ed
era confuso – si volse nella direzione dell’amico anziché in quella dei due
sicari. Alain, presa in mano la situazione, con quattro balzi, fu addosso a
quello dei lestofanti che era intenzionato a colpire Oscar e lo stese. Oscar,
voltatasi di scatto, sguainò la spada e parò il colpo sferrato dall’altro
sicario contro il Conte di Falkenstein. Per alcuni minuti, le spade dei due si
incrociarono, in un crescendo di fendenti e di clangori, ma, alla fine, Oscar
assestò il colpo decisivo e uccise l’avversario. Alain, nel frattempo, aveva
freddato l’uomo da lui atterrato che, subito dopo essere stramazzato al suolo,
aveva estratto dallo stivale uno stiletto col quale intendeva trafiggerlo.
Altri due malviventi furono uccisi dai restanti soldati e il nemico fu, così,
definitivamente sbaragliato. André, in tutto ciò, era rimasto ai margini del
campo di battaglia, con la testa fra le mani.



Terminata la scaramuccia, Oscar,
dopo avere guardato André piena di sconcerto, ordinò la perquisizione dei
cadaveri. Perquisito, ella stessa, il corpo del capo banda, trovò un pugnale nel
panciotto di lui, con impresso nell’elsa un marchio inconfondibile: lo stemma
del Duca d’Orléans.



 



********



 



Ripresasi dalla stanchezza e
dalla brutta scoperta, Oscar scortò il Conte di Falkenstein sulla riva
orientale dell’isola, prospiciente la sponda destra del Reno.



Giunti in prossimità della riva,
il drappello scorse, in lontananza, dei soldati con l’uniforme austriaca.



– Bene, il nostro compito termina
qua – disse Oscar – I militari austriaci Vi scorteranno a Shüttern. Che Dio sia
con Voi, Conte di Falkenstein.



– Vi ringrazio del Vostro
prezioso aiuto, Generale! Senza di Voi, non ce l’avrei fatta.



Oscar si avvicinò ai militari
austriaci e conferì con loro per alcuni minuti.



I due gruppi di militari si
salutarono reciprocamente, mettendosi sull’attenti e, subito dopo, quelli
austriaci fecero salire il Conte di Falkenstein su una barca che li avrebbe
traghettati sulla riva destra del Reno.



– Bene – disse Oscar, rivolta ai
suoi uomini – La missione è riuscita. Non ci resta che tornare a Parigi.



Dopo pochi attimi di silenzio,
aggiunse:



– André Grandier, appena saremo
tornati in Caserma, ti farai immediatamente visitare gli occhi dall’Ufficiale
Medico Militare. E’ un ordine.



– Sì, Comandante – disse André,
vergognoso e dispiaciuto. Sapeva che i giorni da militare, per lui, sarebbero
presto terminati, ma, in fondo al cuore, al momento, c’era spazio soltanto per
l’afflizione di avere messo a repentaglio la vita di Oscar e di essere
diventato, per lei, non soltanto un peso, ma, ancora peggio, un pericolo.



 



********



 



– Dannazione, il nostro piano è
fallito! – urlò il Duca di Germain.



– Contenete la frustrazione, Duca
di Germain – lo rimbeccò il Duca d’Orléans – Sapete che non mi piacciono le
lamentele da donnicciola. Dopo una sconfitta, bisogna subito pensare alla mossa
successiva e non piangersi addosso.



– Sì, ma quella maledetta ce l’ha
fatta di nuovo e la realizzazione dei nostri progetti si allontana!



– Nessuno ha mai detto che
sarebbe stato semplice, ma non disperate: ho già pronta la mossa successiva.
Abbiate fede, Voi avrete la Contea di Lille e, quando i tempi saranno maturi,
io ascenderò al trono.



 



********



 



– Vi ringrazio, Madamigella
Oscar, per avere salvato la vita di mio fratello. Siete stata molto abile e
coraggiosa e non avrei potuto rivolgermi a persona migliore di Voi.



– L’Imperatore Giuseppe II è
arrivato sano e salvo al confine austriaco e tutti gli attentatori sono stati
uccisi in combattimento. Purtroppo, non è stato possibile catturarne vivo
alcuno altrimenti, dagli interrogatori, avremmo appreso qualcosa, ma, indosso
al cadavere di quello che pareva essere il capo, abbiamo ritrovato questo
pugnale, con impresso…. lo stemma del Duca d’Orléans – disse Oscar, porgendo il
pugnale alla Regina.



– Capisco – fece eco Maria
Antonietta – I nostri servizi segreti avevano carpito alcune informazioni su un
possibile attentato a mio fratello sulla via del ritorno in Austria. Tramite
loro, abbiamo avvisato i servizi segreti austriaci e un drappello di soldati
del Sacro Romano Impero è andato ad aspettare l’Imperatore al confine con
l’Austria. Serviva, però, una scorta valorosa – ma che, data la particolare
situazione, non desse nell’occhio – che lo accompagnasse fino al confine
francese e Voi mi siete sembrata la persona più indicata.



– Vi ringrazio della fiducia che
riponete in me, Maestà.



– Mio fratello ama viaggiare in
incognito e, quando lo fa, è solito utilizzare un suo titolo minore, quello di
Conte di Falkenstein. ‘Sta volta, poi, non viaggiava per suo diletto, ma, per
motivi che, almeno per adesso, non posso renderVi noti. Data la segretezza
della missione, non potrò ricompensarVi, perché non saprei come giustificare
una promozione o una medaglia, ma sappiate che, alla prossima occasione, Voi
sarete ricompensata adeguatamente, per questa impresa e per la successiva. Ve
lo giuro solennemente, Madamigella Oscar, non dimenticherò tutti i Vostri
servigi e, al momento opportuno, saprò ripagare la Vostra devozione.



– Vi ringrazio di tutto cuore,
Maestà e non temete: l’identità dell’Imperatore Giuseppe II è rimasta ben
celata sotto le spoglie del Conte di Falkenstein e nessuno, a parte me e André
Grandier – che già l’avevamo conosciuto a Versailles – è venuto a conoscenza di
questo segreto.



– Non dubito della Vostra
discrezione, Madamigella Oscar. A proposito, come sta Monsieur Grandier?



– Temo, purtroppo, che abbia
gravi problemi alla vista che aveva tenuto ben celati alla sua stessa ava.



– Mi dispiace, Madamigella Oscar.
Se posso fare qualcosa, ditemelo e io Vi aiuterò.



– Vi ringrazio, Maestà, siete
sempre molto generosa con me.



 



********



 



Oscar, seduta alla scrivania del
suo ufficio presso la Caserma della Guardia Metropolitana parigina, aveva
appena finito di studiare alcune carte utili per la prossima missione e si
stava apprestando a firmare dei dispacci.



Nella mente di lei, si agitava un
turbinio di pensieri. I sospetti da cui era stata colta avevano, purtroppo,
trovato la peggiore delle conferme nel referto dell’Ufficiale Medico che si
trovava davanti a lei, sulla scrivania. La vista di André era seriamente
compromessa anche all’occhio destro e, presto, sarebbe diventato cieco. Le si
affacciarono alla mente i ricordi di quella spaventosa notte in cui il
cavaliere nero lo aveva ferito e di quell’altra in cui egli aveva bruciato
definitivamente ogni sua possibilità di guarigione. Tutto per stare dietro ai
piani di lei, tutto per salvarla. Le ritornò alla mente, senza che potesse
ricacciarlo indietro, il crudele ricordo di quell’altra notte, in cui André
l’aveva baciata di prepotenza e le aveva dichiarato il suo amore, in modo tanto
selvaggio quanto sbagliato e inopportuno, nei tempi e nei modi. Ciò che era
successo aveva guastato i loro rapporti, raffreddato la loro amicizia e
riempito di disagio i loro discorsi, oramai ridotti al minimo e costretti nella
più totale formalità. Persino i silenzi, fra loro, pesavano come macigni e gli
sguardi erano carichi di tensione e di sottintesi molto più eloquenti di
qualsiasi parola.



Sentì bussare alla porta. Era
lui, era arrivato. In fin dei conti, era stata proprio lei a convocarlo.



– Avanti.



La porta si aprì, André entrò, si
portò davanti alla scrivania di lei e, messosi sull’attenti, disse:



– A rapporto, Comandante.



L’occhio di lui – che, quel
giorno, vedeva senza ombre – era ricoperto da un velo di dignitosa e muta
tristezza mentre indugiava sul volto di lei, diafano e immobile. Gli occhi di
lei, chiari come il ghiaccio e silenti come la notte, lo guardavano senza far
trapelare tentennamenti o emozioni.



Quanto sconsiderato e
irreparabile era stato il gesto da lui compiuto? Lo avrebbe pagato per sempre,
all’infinito, perché lui, per primo, non si sarebbe mai perdonato. Adesso, poi,
oltre che scomodo, era diventato anche inutile e, anzi, pericoloso, perché ogni
missione, con lui, sarebbe stata a rischio. La forza di una catena è pari a
quella dell’anello più debole e l’anello da lui rappresentato aveva la
consistenza di una mousse. Oscar,
adesso, lo avrebbe allontanato definitivamente e ineccepibilmente, con sollievo
per se stessa, ma causando una tremenda lacerazione all’anima di lui.



– André, la diagnosi del medico è
inequivoca. Le tue condizioni di salute non ti consentono di proseguire la vita
militare. Ho appena firmato il tuo ordine di congedo e, fra qualche giorno,
esso diventerà effettivo.



Chiuse gli occhi e reclinò
leggermente il viso verso il basso.



– Riguardati e torna a casa dove
tua nonna si prenderà cura di te.

 

     


                     





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