FanFiction Lucifer | La resa dei conti di Aaeru | FanFiction Zone

 

  La resa dei conti

         

 

  

  

  

  

La resa dei conti   (Letta 1300 volte)

di Aaeru 

7 capitoli (in corso) - 0 commenti - 0 seguaci - Vietata ai minori di 14 anni

    

 

Sezione:

Serie TVLucifer

Genere:

Angst - Fantasy - Introspettivo - Dark

Annotazioni:

Lemon

Protagonisti:

Non indicati

Coppie:

Non indicate

 

 

              

  


  

 Chimera 

 


  


Chiusa nell’ascensore del Lux Chloe si mangiava nervosamente le unghie. La giornata era cominciata male, anzi, stava andando tutto storto già dalla sera prima: Marcus si era eclissato improvvisamente dopo una telefonata da parte di un non ben definito “ex collega” senza ulteriori spiegazioni e ora le toccava pure passare a prendere Lucifer che era in dolce compagnia, e non della solita aspirante modella di turno, ma di una collega, per giunta la sua migliore amica. Quando vide illuminarsi il numero dell’ultimo piano chiuse gli occhi e inspirò profondamente sperando di dare ossigeno ai muscoli delle gambe tremanti. Non poteva essere vero…

Il campanello suonò e le porte si aprirono. Ella, avvolta in una vestaglia di seta rossa troppo grande per lei si affaccendava intorno a una tavola imbandita per la colazione: sembrava incredibilmente a suo agio, come fosse a casa propria. Chloe sentì un groppo in gola. Accortasi della sua presenza, la coroner le corse incontro abbracciandola con sincero e irragionevole entusiasmo.

“Buongiorno, cara, grazie di cuore per essere venuta! Scusa per il disturbo, ma è la prima dormita decente che fa da settimane e non ho voluto svegliarlo… Ha finito giusto ora di fare la doccia: non ci metterà molto. Intanto, accomodati! Vuoi un pancake? Ne ho fatti un sacco!”, disse facendole segno di accomodarsi: aveva apparecchiato anche per lei. La poliziotta sentì una morsa allo stomaco: “Grazie, ma ho appena finito…”, declinò dissimulando a fatica la propria inquietudine. Ma Ella pareva essersi calata fin troppo diligentemente nel ruolo dell’ospite: “Dai, non fare complimenti! Siediti e mangia qualcosa!”, insistette, “ Io intanto vado a vestirmi decentemente: ieri sera mi sono dimenticata di portare il cambio per la notte e i pigiami di Maze sono un pochino imbarazzanti…”, le confidò ridacchiando con aria complice. Poi volgendosi verso il corridoio gridò: “Lucifer! Chloe è arrivata! Vieni a mangiare e non farla aspettare troppo!”.

A queste parole Chloe si arrese e si sedette al proprio posto guardandosi intorno smarrita. L’occhio le cadde sul pianoforte e non poté frenarsi dall’immaginare Lucifer che sollevava di peso Ella per issarla sul coperchio mentre lei gli sbottonava la camicia, esattamente come nel suo sogno mai realizzato. Scosse la testa stringendo forte le palpebre per tentare di scacciare quel pensiero. Sentì il peso lieve della mano dell’amica sulla spalla: “Non ti senti bene?”, chiese l’altra. Il tono di genuina preoccupazione le fece venire una gran voglia di piangere e di gridare: che pretendevano da lei? Approvazione? La benedizione della loro unione? Facessero pure quello che volevano purché non dovesse vederli! Non lì, non così. Cos’era quella pantomima?!

Proprio in quel momento Lucifer comparve all’ingresso del salone: era a torso nudo, intento a frizionarsi i capelli con un asciugamano. Al collo portava ancora il ciondolo che, in un tempo ormai lontanissimo, le aveva regalato. Che significava? Chloe si perse a fissare il pendaglio sbalordita cercando di soffocare l’inutile e nocivo senso di sollievo che l’aveva travolta inaspettatamente. Non rispose al saluto del partner, tantomeno si accorse che Ella era scivolata fuori dal salone lasciandoli soli. 

“Detective?”, disse Lucifer cercando di attirare la sua attenzione mentre si avvicinava. La voce era ovattata, come provenisse da un altro pianeta. Nulla aveva senso. Chloe alzò lo sguardo verso l’uomo e le parve di scorgere nei suoi occhi neri una tenerezza che aveva quasi dimenticato. “Detective, ti senti bene? Sei così pallida…”. Chloe fece per andarsene ma i piedi sembravano inchiodati al pavimento, le girava la testa e aveva voglia di vomitare. “Lucifer, ti prego!”, implorò. Sentì il braccio di lui avvolgerle la vita, il profumo fresco della sua pelle appena lavata.

“Forse è meglio che ti sdrai…”, propose lui senza ombra di malizia. Chloe scosse debolmente la testa: “No, devo solo andarmene da qui…”

“Non stavolta”, la voce di Lucifer era ferma, quasi imperiosa. Chloe si sentì sollevare da terra e istintivamente si aggrappò al pendente con le dita tremanti senza osare alzare lo sguardo. Il Diavolo si arrestò al centro della stanza rivolgendo a Chloe un’occhiata interrogativa.

“Lo porti ancora… Perché?”, chiese la poliziotta esitante.

Il sorriso di Lucifer era velato di amarezza: “Il fatto che non significhi più nulla per te non implica che valga lo stesso per me”.

Il cuore di lei perse un battito: la stava prendendo in giro?

“Per l’amor del cielo, Luci: o la baci subito o passiamo al vero motivo per cui l’ho fatta venire qui!”, esclamò Ella alle loro spalle.

Lucifer depose delicatamente Chloe sul divano prima di voltarsi e ribattere seccato: “Tempismo pessimo, come sempre!”

Ella scoppiò a ridere divertita: “Maze ha proprio ragione: siete peggio di una telenovela brasiliana! Adesso mettiti qualcosa addosso, Francisco Manuel dos Santos da Silva: ti abbiamo già ammirato abbastanza per oggi!”

“Stupida! E poi ti già detto che dobbiamo lasciarla fuori!”, latrò Lucifer, le iridi risplendenti di un bagliore dorato. Chloe ebbe un sobbalzo mentre Ella non si scompose, anzi, si avvicinò a Lucifer con aria di sfida: “È già fin troppo coinvolta: ha tutto il diritto di sapere. Non ho intenzione di tornare su questo punto. E non pensare di spaventarmi soltanto perché in questo momento sono trenta centimetri più bassa di te: posso suonartele comunque”.

“Al massimo sei tu che approfitti del fatto che non torcerei mai un capello alla signorina Lopez!”, borbottò il Diavolo. Chloe li osservava in silenzio stralunata, incapace di formulare qualsiasi domanda o giudizio: preferiva essere relegata al ruolo di mera spettatrice di quello strambo teatro dell’assurdo.

Alla fine, fu Lucifer a cedere: “E va bene, anche so già che me ne pentirò… Detective, ti presento mia sorella minore, Azrael. Non può venire sulla Terra col suo vero corpo, visto che è la Morte; quindi, prende in prestito quello degli umani. Ma non è dannosa per i suoi ospitanti. Più o meno...”. A queste parole Azrael reagì facendogli la linguaccia. 

“Secondo me ti sei calata un po’ troppo nella parte”, la punzecchiò Lucifer dirigendosi in camera da letto, mentre Chloe prendeva coscienza di quanto effettivamente, per tutto quel tempo, avesse desiderato di potersi aggrappare a una qualsiasi spiegazione che negasse una relazione tra Ella e il suo consulente civile: ora che il suo desiderio era stato inaspettatamente esaudito, si sentiva stupidamente felice, a dispetto del fatto di trovarsi al cospetto della Morte in persona.

Azrael ignorò la provocazione del fratello e prese posto accanto a Chloe, che indietreggiò involontariamente.

“Perdona mio fratello: non ha mai avuto tatto nel comunicare certe notizie. Non devi aver paura di me e neanche averne per Ella: quando me ne sarò andata tornerà tutto come prima”, disse appoggiando una mano sopra quella della detective. Chloe s’irrigidì.

“Non ho mai ammazzato nessuno, almeno non in quel senso. Semplicemente il mio compito è accompagnarvi quando giunge il tempo”, cercò di rassicurarla Azrael, “però è un compito ingrato, lo riconosco. Non è sempre stato così, sai? Prima della Ribellione, la morte non esisteva, avevo un altro ruolo. Proprio come Lucifer. Poi abbiamo avuto la pessima idea di andare contro nostro Padre ed è andata com’è andata… Ma credo che Luci questo te l’abbia già raccontato, giusto?”

Chloe annuì con un cenno del capo.

“In ogni caso, non è di questo che dobbiamo parlare… Ti chiedo scusa, ma non c’è una maniera buona per dirlo: devi sapere che il tenente Pierce... Marcus... è tutt’altro che una brava persona, al contrario, è un soggetto estremamente pericoloso. Abbiamo raccolto alcune prove per incastrarlo ma ci serve il tuo aiuto.”

“Marcus… un delinquente?”

“Non uno qualsiasi, ma il Peccatore”.

“Ed è pure Caino!”, aggiunse Lucifer affacciandosi sul salone.

Chloe scoppiò in una risata isterica. 

 

Lucifer e Azrael osservavano, inquieti ed esterrefatti, Chloe che da cinque minuti buoni seguitava a ridere come una pazza senza soluzione di continuità: roba da torcersi le budella fino a farle sanguinare, probabilmente fegato e milza si era già scambiati di posto, di questo passo i prossimi sarebbero stati reni e polmoni. Lucifer cercava di attirare l’attenzione della detective schioccando le dita davanti al suo viso, ma l’unico risultato che era riuscito ad ottenere era stato farla ridere ancora più forte ogni volta che i loro sguardi s’incrociavano.

“Complimenti, Azrael: hai rotto la Detective!”, esclamò stizzito applaudendo in segno di scherno.

“IO ho rotto la Detective? Ma se sei stato tu a metterci il carico da cento, brutto idiota! ‘Non è solo il Peccatore, è anche Caino!’. Ma ti pareva il caso in quel momento?!”, si difese Azrael facendogli il verso.

“Sei stata tu a insistere che sapesse tutto! IO NON ero d’accordo!”, ribatté il Diavolo sicuro di averla vinta.

“Ah, sì? E allora perché, quando ti ha letteralmente implorato di lasciarla andare via l’hai trattenuta, genio?”, lo incalzò la sorella.

“Perché non volevo che affrontasse Pierce da sola, dopo il casino che TU hai messo in piedi!”, confessò Lucifer stringendo forte i pugni.

Intenerita Azrael decise di non infierire. Prese le mani del fratello tra le sue e gli sorrise: “Non temere: troveremo il modo per spegnerla… Magari potremmo chiamare Linda…”.


Proprio in quel momento Chloe si acquietò: il suono ormai stridulo delle sue corde vocali affaticate si fece più basso fino a spegnersi, le sue spalle smisero di sussultare. I suoi occhi verdi osservavano i due fratelli con una placidità tanto improvvisa e inattesa da risultare inquietante. I due angeli non osavano muovere un muscolo per non rischiare di infrangere quella straniante parvenza di ritrovata normalità. Poi, immobile come un idolo, la detective cominciò a piangere ma a darne segno erano soltanto le lacrime che solcavano le guance: non un sospiro, non un singhiozzo.

“Chloe…”, mormorò Lucifer sempre più in apprensione.

“È tutta colpa tua, solo tua”, rispose lei con voce lenta e meccanica.

“Colpa mia?!”, chiese il Diavolo smarrito.

Chloe cercò il volto famigliare di Ella e con tono calmo, tra le lacrime, cominciò a raccontare: “Una ride per non piangere, perché è tutto talmente assurdo che non vuoi che sia vero… Troppo, è troppo da sopportare... Sai, sono quasi tre anni che sopporto le stranezze di tuo fratello. Che poi non sono stranezze, ormai me ne sono resa conto, ma come potevo credergli? Certo, di cose stupefacenti ne ho viste, avrei potuto far analizzare il suo sangue anni fa, ma poi non l’ho fatto perché… Perché, in fondo, non m’importava veramente sapere chi fosse o cosa fosse… Era bello così… Averlo vicino così”.

Si alzò lentamente in piedi senza smettere di parlare: “Ma è il mondo di Lucifer: dove l’uomo che ami, in realtà, è un arcangelo, (almeno di questo sono certa perché ho visto le ali), lui ti respinge e continua a dirti che non è possibile, che lui è il Diavolo, che è cattivo! Che sarà anche vero, eh? Ma come faccio a credergli se, tolto il suo insaziabile appetito sessuale, gli vedo fare solo del bene? Come faccio ad allontanarmi se l’unica cosa che vorrei è stargli vicino? Ah, giusto, se gli sto vicino lui rischia di morire anche se è un immortale… Me lo spieghi tu, Azrael o Ella o Morte o come cavolo ti chiami?”, la voce della detective cominciava di nuovo ad alzarsi, il respiro a farsi affannoso.

Afferrò Azrael per le spalle: “Dimmi tu cosa dovrei fare, perché io non ci capisco niente! Non è umano, va bene, è da pazzi! Prima mi insegue, poi cedo e si allontana, sto male e mi salva la vita, poi scappa e si sposa, dice che siamo amici però è geloso se mi avvicino a qualcuno (perché non sono scema, me ne sono accorta…). Promette la verità e poi sparisce… Trovo uno che mi sembra normale e salta fuori che non solo è una pericolosa mente criminale ma anche il primo assassino della storia: come fa una a non impazzire??? Dimmelo!!!”, gridò in faccia all’Angelo della Morte erompendo in singhiozzi.

Di quel lungo sfogo Lucifer avrebbe voluto poter sentire, e imprimere nella memoria, soltanto le uniche parole che gli avevano aperto il cuore, ma non era possibile ignorare il resto.

D’altra parte, cosa avrebbe potuto ribattere? Chloe aveva ragione su tutta la linea, purtroppo. Risolta la questione ´Caino´ forse sarebbe stato meglio andarsene definitivamente. Anzi, togliamo pure il ´forse´. Istintivamente indietreggiò per levarsi di torno e dare modo alla Detective di liberarsi di tutto l’astio accumulato, ma sbatté goffamente contro l’ingombrante tavolo piazzato incautamente dalla sorella al centro del salone rovesciando un paio di tazze e il bricco che andò a infrangersi sul pavimento spargendo latte al cacao ovunque.

Attirata dal rumore improvviso, Chloe parve ricordarsi solo allora della sua presenza: “Dove pensi di scappare tu?”, latrò con gli occhi lampeggianti di rabbia. Il Diavolo si bloccò sul posto restituendole uno sguardo colpevole e cercando a tentoni di scongiurare la caduta di altre stoviglie. La poliziotta si avvicinò puntandogli il dito contro: “ Tu non te ne andrai stavolta! Adesso starai qui e ascolterai tutto quello che ho da dire!”, ordinò.

Lucifer deglutì senza proferire verbo. Implorò muto l’intervento di Azrael ma la gemella sembrava disorientata almeno quanto lui.

“Sono sempre stata al tuo fianco in qualsiasi circostanza, anche a costo di mettere a repentaglio la mia carriera, ti ho concesso il beneficio del dubbio anche quando ogni prova era contro di te. Eppure, in tutti questi anni, non hai mai trovato il coraggio di dirmi la verità”, incalzò Chloe.

“Non è vero!”, protestò l’ex Signore degli Inferi ferito nell’orgoglio, “Non ti ho mai mentito: sei stata tu a scegliere di non credermi!”

“Avresti potuto farmi vedere qualcosa di più… Le ali, ad esempio, tanto avevo già visto le cicatrici”.

“All’epoca, di fatto, le cicatrici erano quanto ne restava!”

“Sì, ma poi ti sono rispuntate. E invece di farmele vedere ti sei messo a tagliarle!”

“Quelle ali non sono mie: me le ha appiccicate mio Padre per puro dispetto, per ricordarmi che è Lui a decidere tutto!”

“E che mi dici, allora, della tua famosa faccia da Diavolo? L’hai mostrata anche a Linda, non illuderti che non lo sappia! E non è morta per questo… Ti riempi la bocca di parole come ‘fiducia’ e ‘verità’ ma non hai mai voluto rendere le cose facili... Non hai mai creduto in noi! Eppure, sarebbe bastato poco, molto poco…”, obiettò Chloe con una smorfia.

“Facile? Facile?! Nulla è mai stato facile! Dal primo minuto in cui ho cominciato ad avvicinarmi a te sei stata in pericolo e non hai idea di cosa abbia dovuto fare per salvarti la pelle!”, sbottò Lucifer.

“Raccontamelo!”

“No!”

“Perché insisti col dire che non c’è nulla che conti più del mio giudizio per te se poi mi tieni sempre all’oscuro di tutto? Non ha senso! Anche questa storia di Marcus! Scommetto che non l’avete certo scoperto ieri che è un assassino, eppure volevi lasciarmi fuori… Vi ho sentito prima, sai? Forse starò diventando pazza ma non ancora sorda!”

“Tu non sei pazza, Chloe!”, ribatté lui con veemenza, “Volevo risolvere la questione da solo per proteggerti! Perché Caino pensa di sfruttarti per cancellare la maledizione che mio Padre ha scagliato su di lui rendendolo il più miserabile degli immortali!”, il grido dell’arcangelo fu seguito da una violenta folata di vento e dal rumore fastidioso degli ultimi, poveri resti della colazione che si schiantavano rovinosamente sul pavimento: nella foga gli erano spuntate le ali. Quelle ali si protendevano ora verso Chloe come per supplicarla di accettare il loro candido abbraccio. Chloe non diede segno di avvedersene. Scrutava testarda il volto di Lucifer in cerca di quelle risposte che non aveva ancora trovato e che lui le negava.

“Perché non ti fidi di me?”, chiese un’ultima volta con la voce rotta, le lacrime che ricominciavano a scorrere copiosamente sul volto delicato.

“Chloe, non è così!”, assicurò Lucifer allungando d’istinto la mano destra per asciugarle. Fu allora che si accorse del mutamento in corso: nelle vene dell’arto scorreva un’innaturale linfa dorata che trasluceva attraverso la pelle sottile del dorso, ormai raggrinzita assumendo un ben noto e sgradito colorito rossastro. Gli occhi sgranati di Chloe gli diedero conferma del suo più intimo terrore.

“Non guardarmi!”, implorò nascondendo il volto tra le zampe. I polpastrelli delle dita tastarono la parte alta del capo confermando che i serici capelli neri erano scomparsi. Eppure, le ali c’erano ancora: Lucifer se ne servì come scudo per sottrarsi allo sguardo certamente terrorizzato della sua (era il caso di usare ancora quell’aggettivo?) Detective.

“Azrael, portala via!”. Più che un ordine, una supplica.

Reagendo immediatamente all’ordine del fratello, Azrael cercò di sollevare di peso Chloe per trascinarla via dall’attico, ma l’indubbia superiorità fisica non poté nulla contro l’ostinata disperazione della detective che, pur disorientata dallo spettacolo orrifico a cui aveva appena assistito, sfuggì ai ripetuti attacchi dell’Angelo della Morte divincolandosi e gettandosi a terra, strisciando, tentando inutilmente di inchiodarsi con le unghie al gelido pavimento di marmo italiano per raggiungere colui che per il mondo intero era la pura essenza della malvagità ma per lei era soltanto Lucifer: un partner, un amico, l’Amore. 

Azrael mollò la presa, rimanendo muta e irrequieta testimone di un incontro senza precedenti nella storia dell’uomo. S’accasciò ai piedi della chaȋse longue e distolse lo sguardo, quasi a voler concedere ai due un’intimità troppo a lungo negata. 

Chloe provava a fendere delicatamente il muro di piume che la divideva da Lucifer, insinuando le dita sotto le ali alla ricerca delle mani di lui. Tuttavia, ogni volta che aveva l’impressione di avvicinarsi sentiva la struttura dello strano fortino senziente in cui si era avventurata contrarsi e irrigidirsi. L’Angelo caduto avrebbe potuto tranquillamente scomparire in un soffio, come aveva fatto tante altre volte prima di allora, eppure non trovava la forza di farlo. Rannicchiato in quella posizione infantile, rispondeva ai timidi, ma fermi, assalti di Chloe scostandosi di pochi centimetri alla volta come un bimbetto imbronciato. Nessuno dei due aveva più pronunciato una sola sillaba: una lotta silenziosa la loro, dove il pudore la faceva da padrone. Finalmente a Chloe parve di sentire la punta liscia della scarpa sinistra di Lucifer: interpretò il cambio di postura come un segno di rilassamento. 


“Lucifer, ti prego, non nasconderti”, implorò mormorando la detective, “ormai ho visto praticamente tutto quello che c’era da vedere: non c’è più nulla che possa spaventarmi”. 

Distratto da queste parole Lucifer abbassò involontariamente la guardia allargando le ali quel tanto che bastava a Chloe per infilarsi fino alle spalle sotto la cortina bianca: nella penombra incrociò i due tizzoni ardenti che ormai avevano sostituito le iridi nere dell’affascinante proprietario del Lux. Rimase sulle prime impietrita, ma si fece forza sostenendo il peso di quello sguardo che, più che terrore, trasmetteva una profonda pena. Il bagliore si spense: Lucifer aveva chiuso gli occhi. La luce del sole di Los Angeles, che ormai filtrava, alta e forte, attraverso il candore delle piume mostrava impietosamente i solchi e le ustioni sul viso e sulle mani del Diavolo, le cicatrici indelebili della sua primordiale sconfitta.

 “Devono fare molto male”, osservò Chloe sovrappensiero. 

  Calde lacrime cominciarono a scorrere sulle guance deformate di Lucifer: “Vattene, ti prego… Vattene! Non sopporto che tu mi veda così…”.  

“Così come? Ferito? È impressionante, non posso negarlo, ma… è allo stesso tempo talmente assurdo che non so nemmeno come debba sentirmi… Forse sollevata perché, perché… ormai è tutto. Giusto?”, Chloe si sforzò di sorridere dubitando dell’opportunità della propria reazione. 

Lucifer non rispose. I minuti scorsero interminabili fino a che il Diavolo ritrovò la voce: “Non ha senso parlarne adesso, Detective. Lasciami solo. Ora sei sotto shock, ma domani quando ti sveglierai realizzerai che non è affatto una finzione, ricorderai che tutto quello che hai patito negli ultimi anni e maledirai il giorno in cui mi hai incontrato. Ti prometto che sistemerò i casini che ho messo in piedi e che la tua famiglia non avrà più nulla da temere. Giurami solo che starai lontana il più possibile da Pierce, che non ti lascerai coinvolgere oltre in questa brutta storia.”

Pierce, il Peccatore, Caino: Chloe si era completamente dimenticata di lui e dei pericoli che quell’uomo, che aveva quasi considerato come un papabile fidanzato rappresentava, in realtà per lei e le persone che amava di più.

“Lucifer, questa cosa la risolveremo insieme.” 

Il Diavolo schizzò in piedi: “NO!”, gridò, in tono imperioso, momentaneamente dimentico del suo aspetto ferino, “ti ho detto che devi restarne fuori! E tu!”, si rivolse ad Azrael, rianimata dal ritrovato vigore del fratello, “Tu mi aiuterai a sistemare tutto lasciando LEI fuori dai giochi! LEI è la mia priorità!” 

 “No, Lucifer,”, tentò di intromettersi Chloe, “non te lo permetto: riguarda anche me! Non sono una bambolina di porcellana, sono una poliziotta! E poi, scusa se mi permetto, dove vuoi andare con questo aspetto? Non passi certo inosservato!”. 

Lucifer si voltò verso lo specchio appeso sopra il caminetto e con una smorfia di ribrezzo gli scagliò contro il tavolo della colazione frantumandolo in mille pezzi. 

“Avevamo giusto bisogno di un po’ di sfortuna!”, commentò sarcastica Azrael. 

“Lasciatemi solo!” ruggì il sovrano dell’Inferno. 

Con estrema riluttanza Chloe e Azrael obbedirono. D’altra parte, avevano parecchio di cui parlare e l’Angelo della Morte non voleva lasciare sola la giovane donna alla luce degli ultimi sviluppi. A suo avviso, Lucifer aveva ragione riguardo allo stato d’animo di Chloe: sarebbe giunto presto il tempo delle riflessioni e un tipo pragmatico come la detective avrebbe incontrato parecchie difficoltà a conciliare ragione e sentimento.


Rimasto solo Lucifer chiamò Linda per una seduta a domicilio. Nell’attesa, si sdraiò sul letto esausto e rabbioso, incapace di darsi ragione dell’emergere nello stesso momento delle sue due nature. Senza accorgersene scivolò in un sonno viscoso e senza sogni. Fu svegliato dalla voce dolce della dottoressa che stupita gli chiese: “Non capisco, Lucifer. Che cosa c’è da vedere?” Il Diavolo si precipitò nel salone fermandosi davanti agli ultimi frammenti dello specchio rimasti incollati al pannello: niente più ali, né faccia da Diavolo.


 

     


                     





E' possibile inserire un nuovo commento solo dopo aver effettuato il Login al sito.